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La crisi occulta del debito cinese

di Minxin Pei

di Minxin PeiGli enti locali hanno preso in prestito una somma pari al 30 per cento del Pil. Che, almeno in parte, non riusciranno a restituire. E il governo dovrà intervenire
(28 luglio 2011)

L'aspetto più interessante delle crisi del debito nel mondo è che sono quanto mai multiformi. In Grecia il governo ha preso in prestito troppi soldi. In Irlanda, Islanda e Spagna il settore privato ha contratto un debito eccessivo. Negli Stati Uniti le famiglie hanno ecceduto nei prestiti al consumo. E in Cina?

 

La mera idea che in Cina vi sia una crisi del debito potrebbe risultare insensata. La Cina, infatti, con uno stato patrimoniale inattaccabile, riserve in valuta pari a 3.100 miliardi di dollari e un rapporto tra debito e Pil del 20 per cento soltanto per il governo centrale, spicca in modo netto rispetto all'Occidente eccessivamente indebitato. Purtroppo le cifre possono fuorviare. Sì, anche la Cina ha una crisi del debito. Occulta e invisibile all'opinione pubblica, e nondimeno esiste, benché di un altro genere ancora.

I colpevoli della crisi occulta del debito in Cina sono i governi locali, in particolare le autorità comunali e provinciali. A differenza delle loro controparti occidentali, i governi locali in Cina possono prendere in prestito capitali soltanto emettendo obbligazioni, il cui tasso è estremamente basso. Tra tutte le entrate raccolte dallo Stato, il governo cinese riscuote più o meno il 60 per cento e le amministrazioni locali il resto. Il fatto è che spetta a queste ultime pagare tutti i principali servizi sociali, come l'istruzione, la sicurezza pubblica, le pensioni, l'assistenza sanitaria. Ne consegue che pur ricevendo da Pechino trasferimenti senza contropartita, i governi locali sono sempre a corto di capitali.

Le cose oltretutto sono aggravate dal fatto che le autorità locali, smaniose di migliorare la propria performance economica e di conseguenza le proprie chance di far carriera, entrano in concorrenza tra loro, dando il via alla realizzazione di costosi progetti municipali, come infrastrutture ed edilizia commerciale. Ma dove attingono per i finanziamenti? Dalle banche di proprietà statale, perché è lì che si trovano i soldi.

Per ottenere prestiti dalle banche, i governi locali costituiscono "strumenti finanziari a scopi speciali", ricorrendo in pratica allo stesso schema privilegiato dagli istituti bancari americani di investimento durante la bolla dei subprime per sottrarre alla vista i loro passivi extra bilancio. Di solito i governi locali inseriscono in questi strumenti come collaterali le loro proprietà terriere a prezzi gonfiati.

In circostanze normali, questo subdolo stratagemma sarebbe già abbastanza negativo. Ma negli ultimi tre anni, questa prassi dei governi locali è diventata del tutto incontrollata. Reagendo in preda al panico alla crisi economica globale della fine del 2008, Pechino ha dato disposizione alle banche statali di aumentare in modo consistente l'erogazione di prestiti. Inutile dire che gli standard creditizi sono precipitati. Nel solo 2009 le banche cinesi hanno erogato nuovi prestiti per 1.500 miliardi di dollari, una cifra pari al doppio di quella erogata nel 2008.

I governi locali hanno sottoscritto prestiti in buona parte per finanziare progetti di infrastrutture, molti dei quali non sono economicamente sostenibili perché non in grado di generare sufficienti liquidità per pagare gli interessi sui prestiti e ancor meno ripagare gli stessi.

 

Quanto è grave la situazione oggi? Secondo due sondaggi condotti dall'ufficio di revisione contabile nazionale cinese e dalla banca centrale, i governi locali sono in debito per una cifra compresa tra 1.650 e 2 mila miliardi di dollari, equivalente al 27-33 per cento del Pil cinese. La metà di questi scadrà entro i prossimi tre anni. Se anche solo il 30 per cento di questi prestiti non fosse restituita - e si tratta di una stima prudenziale - buona parte del capitale netto delle grandi banche statali cinesi potrebbe essere letteralmente spazzato via.

La buona notizia è che Pechino ha risorse sufficienti a salvare in extremis i governi locali e di conseguenza è improbabile che si verifichi una crisi bancaria generale. La cattiva notizia, però, è che la Cina butterà dalla finestra oltre 500 miliardi di dollari.

Fonte: l'Espresso
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/la-crisi-occulta-del-debito-cinese/2157325/17

Qui l' elenco degli articoli di Minxin Pei, autore della rubrica fissa "Senza Frontiere" all' interno de l'Espresso:
http://espresso.repubblica.it/lista/senzafrontiere/minxinpei

traduzione di Anna Bissanti

 

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