CRISI E BANCHE CENTRALI

Questa sezione accoglie discussioni e segnalazioni su articoli usciti dai vari mezzi di informazione

CRISI E BANCHE CENTRALI

Messaggioda domenico.damico » 05/11/2013, 2:24

Interessante quanto fatto dal senatore Bernie Sanders, che ha costretto la Fed a tirar fuori i numeri della sua attività durante la crisi. Numeri stratosferici, con 16000 mld creati pad hoc per il sistema bancario privato mondiale.

Ecco i link, i contenuti sono in inglese.
Ma se andate a pag. 131 e 132 del pdf l'evidenza dei numeri è schiacciante.

http://www.sanders.senate.gov/newsroom/ ... -fed-audit

http://sanders.senate.gov/imo/media/doc ... gation.pdf
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I quali si chiederanno cosa non viene apprezzato del loro ottimismo.
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LA REGOLA DEL 3%

Messaggioda domenico.damico » 02/03/2014, 15:32

3% sul deficit/Pil: «Parametro deciso in meno di un'ora, senza basi teoriche»
di Vito Lops

Fonte:sole 24 ore - 29 gennaio 2014

«La decisione di abolire l'Imu sulla prima casa va nella direzione opposta alle raccomandazioni» diceva lo scorso settembre il commissario europeo Olli Rehn intervenuto alla Camera aggiugendo che «se i piani di bilancio dell'Italia non risulteranno in linea con gli impegni presi con l'Ue, la Commissione ha il dovere di chiedere correzioni». Messaggio chiarissimo con altrettanto netto riferimento ai rischi di sforamento del paletto del 3% sul deficit/Pil, proprio quando l'Italia era appena uscita dalla procedura d'infrazione.

Un mese dopo, dato che le stime indicavano uno sforamento di uno o due decimi (3,1-3,2%) l'Italia è stata "costretta" ad aumentare l'Iva dal 21 al 22%, nonostante uno scenario di consumi calanti e nonostante questi rappresentino a tutt'oggi la prima voce del Prodotto interno lordo.

Ancora una volta è caduta la scure del parametro deficit/Pil che non può superare il 3%. Ma da dove nasce questo paletto che oggi condiziona più di ogni altro l'attività di governo (certo molto di più di quello sul debito/Pil al 60% a giudicare dal recente upgrade di Moody's sull'Irlanda pur in presenza di un debito/Pil balzato nell'ultimo anno al 121%)?.

Il quotidiano tedesco «Frankfurter Allgemeine Zeitung» e prima ancora il francese «Aujourd'hui en France -Le Parisien» hanno svelato l'arcano, poi ripreso anche da molti blog. La soglia del 3% sul deficit/Pil è stata elaborata negli anni '80 da un sconosciuto funzionario del governo di François Mitterand: Guy Abeille, ai tempi non ancora trentenne.

La storia è andata così. Dopo la vittoria alle elezioni del 1981 in Francia i socialisti guidati da Mitterand per mantenere le costose promesse elettorali avevano portato il deficit da 50 a 95 miliardi di franchi. Per "darsi una regolata" Mitterrand incaricò Pierre Bilger, a quel tempo vice direttore del dipartimento del Bilancio al ministero delle Finanze di implementare una regola per evitare spese pubbliche all'impazzata. Bilger contattò due giovani esperti che avevano una formazione economica e matematica all'Ensae: Roland de Villepin, un cugino del futuro primo ministro Dominique de Villepin e Guy Abeille.

Sarà quest'ultimo ad elaborare il paletto del 3% sul Pil, nato però, per sua stessa ammissione, senza alcuna base scientifica: «Prendemmo in considerazione i 100 miliardi del deficit pubblico di allora. Corrispondevano al 2,6 % del Pil. Ci siamo detti: un 1% di deficit sarebbe troppo difficile e irraggiungibile. Il 2% metterebbe il governo sotto troppa pressione. Siamo così arrivati al 3%. Nasceva dalle circostanze, senza un'analisi teorica».

Aujourd'hui en France Le Parisien rivela un altro virgolettato di Abeille: «Abbiamo stabilito la cifra del 3 per cento in meno di un'ora. È nata su un tavolo, senza alcuna riflessione teorica. Mitterrand aveva bisogno di una regola facile da opporre ai ministri che si presentavano nel suo ufficio a chiedere denaro […]. Avevamo bisogno di qualcosa di semplice. Tre per cento? È un buon numero, un numero storico che fa pensare alla trinità».

Sperimentato in Francia questo paletto resse nel corso degli anni '80, ad eccezione del 1986, anno in cui il governo spese a deficit di più. A dicembre 1991 quella regola entrò fu promossa da "francese" ad "europea" ed entrò a pieno titolo nei parametri di Maastricht.

Secondo quanto documenta la Faz l'allora Ministro delle Finanze tedesco Theo Waigel ha svelato come Trichet convinse la Germania a dare l'ok al paletto del 3%: «Il livello di indebitamento europeo all'inizio degli anni '90 era pari a circa il 60% del Pil. La crescita nominale era circa il 5%, e l'inflazione al 2%. In questa situazione i debiti potevano crescere al massimo di un 3 % all'anno, per non superare la soglia del 60%».

Ma perché proprio il 3%, e non il 2,5 % o il 3,5 % o il 4%? «Economicamente è difficile da giustificare», disse una volta l'ex presidente della Bundesbank Hans Tietmeyer, mentre osservava da vicino la nascita del criterio.

L'ex governatore della Bce, Jean-Claude Trichet ha però aggiunto a posteriori che il 3% è un parametro troppo favorevole perché basato l'assunto di una crescita al 5%. «Purtroppo era troppo ottimista, come sappiamo oggi.Avremmo dovuto fissare dei limiti all'indebitamento più bassi, perché la crescita è stata inferiore».

Il "padre della regola" che è diventato l'incubo di mezza Europa oggi ha 62 anni, e assiste agli sviluppi con un certo divertimento: «Non l'avremmo mai immaginato». Tuttavia è rimasto un sostenitore della disciplina di bilancio.

Le Parisien sottolinea che «l'ironia della storia è che i tecnocrati di Bruxelles si sono ispirati a questo famoso 3 per cento anche per creare un'altra regola iscritta nel nuovo trattato di bilancio europeo e altrettanto falsamente cartesiana, quella che obbliga a limitare il deficit strutturale degli Stati allo 0,5 per cento. Perché non l'1 o il 2 per cento? Nessuno lo sa».

La pensa così, oggi, lo stesso Abeille che considera alquanto utopici i calcoli sul deficit strutturale, al momento di gran moda, che ignorano l'impatto congiunturale.

Insomma, che Rehn lo sappia o meno, appare chiaro che la scienza fu messa in secondo piano nei palazzi di Maastricht al momento di decidere la nuova architrave europea che detta ancora oggi la linea.
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Re: LA REGOLA DEL 3%

Messaggioda Vito Zuccato » 02/03/2014, 21:38

In pratica ha più base teorica ed è più quantitativo e scientifico Arrigo Sacchi che propone di indebitarsi con straordinèria umilté.

E quella del debito contratto con straordinèria umilté è la stessa dottrina della Bundesbank (e di molti altri signorotti), guarda caso tedesca proprio come la Porsche 911 modello 993 di Arrigo Sacchi.
Tale teorema di Sacchi è stato da me recentemente proposto anche in radio.
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CANCELLARE IL DEBITO

Messaggioda domenico.damico » 29/01/2015, 16:30

Anche da noi cominciano a circolare le ipotesi di cancellazione del debito via bilancio della Banca Centrale.
La domanda è: se si pensa di poterlo cancellare così, con un click, come dice FOA,
perché continuare a crearlo? Invece di cancellare il pregresso, basterebbe cominciare a creare moneta libera dal debito,
che andrebbe poi a sostituire quella vecchia.
No?

La vera rivoluzione: stampare euro per cancellare il debito
DI MARCELLO FOA

Fonte: http://blog.ilgiornale.it/foa/2015/01/2 ... -pubblico/

Mettiamola in questi termini: la Bce stampa più moneta per permettere alle Banche centrali nazionali di comprare titoli di Stato, ovvero debito pubblico, con lo scopo dichiarato di rilanciare l’economia (crescita del Pil) e lo scopo effettivo immediato di sgravare i bilanci delle banche private.

In termini economici, il Quantitative Easing è un’aberrazione in quanto viola le leggi di mercato basate sulla domanda e sull’offerta. Un’aberrazione che però lascia intatta la vera catena che imprigiona le asfittiche economie occidentali: quella del debito.

Mi spiego: se la Ue e la Bce e la volessero davvero rilanciare l’economia, dovrebbero avere il coraggio di andare fino in fondo ovvero non di stampare moneta per comprare debito ma di stampare moneta per CANCELLARE IL DEBITO, accompagnando questo passo da misure altrettanto rivoluzionarie e benefiche come la simultanea riduzione delle imposte sia sulle imprese che sulle persone fisiche e magari varando investimenti infrastrutturali.

Pensateci bene: oggi l’Italia è già in avanzo primario ovvero lo Stato spende meno di quanto incassa, ma il debito pubblico continua a salire perché la spesa pubblica è gravata dagli interessi sul debito. Detto in altro termini: l’Italia è in una spirale da cui difficilmente uscirà, per quanti sforzi faccia. Ma questo né la Ue, né la Bce, né il Fmi lo ammetteranno mai; anzi, continuano ad alimentare la retorica delle riforme ovviamente strutturali.

Logica vorrebbe, invece, che l’aberrazione del Quantitative easing venisse usata non per continuare ad alimentare il circolo vizioso del debito, ma per spezzarlo con una misura una tantum, eccezionale, irripetibile ma straordinariamente virtuosa. Chiamiamolo Il giubileo del debito.

Ipotizzate quesito scenario: taglio lineare di un terzo del debito pubblico di ogni Paese europeo, simultanea riduzione delle imposte sulle persone fisiche di 10 punti percentuali e dimezzamento di quelle sulle società per un periodo di almeno 5 anni. Il momento sarebbe più che mai propizio, considerando che i tassi di interesse sono prossimi allo zero.

Basterebbe una semplice operazione contabile creando denaro dal nulla (ovvero con un semplice click, come peraltro si apprestano già a fare), per togliere definitivamente dal mercato una parte del debito pubblico, studiando ovviamente le condizioni appropriate (ad esempio solo sui titoli in scadenza).

Risultato: un boom economico paragonabile agli effetti di un nuovo Piano Marshall. Starebbero meglio tutti: i consumatori che si troverebbero con più liquidità in tasca, le aziende che sarebbero fortemente incentivate a investire nella zona Ue, lo Stato che troverebbe le risorse sia per le Grandi Opere che per altre riforme. Le stesse banche private che non sarebbero più costrette a comprare titoli di Stato pubblici e vedrebbero diminuire drasticamente le sofferenze bancarie nel giro di pochi mesi proprio grazie alla ripresa dell’economia reale.

La macchina, insomma, si rimetterebbe in moto.

A “rimetterci” sarebbero solo la Bce, la Commissione europea e analoghe istituzioni transnazionali il cui potere implicito di condizionamento si ridurrebbe drasticamente.

Meno debito, meno vincoli, più libertà, più mercato. Il problema è tutto qui.

di MARCELLO FOA
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DRAGHI E I CORIANDOLI

Messaggioda domenico.damico » 15/04/2015, 19:12

Draghi terrorizzato da due coriandoli...

interessante come il corriere della sera on line cambi il titolo da:

'draghi terrorizzato....' a
'draghi spaventato'...'

nel link rimane la traccia del titolo precedente.

http://video.corriere.it/draghi-terrori ... d376ffaba3
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