Stati e Mercati

Questa sezione accoglie discussioni e segnalazioni su articoli usciti dai vari mezzi di informazione

Re: Stati e Mercati

Messaggioda ChristianTambasco » 26/03/2012, 12:44

fonte http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2012-03-21/leuropa-trappola-181320.shtml?uuid=AbcuedBF

cominciamo a vedere cosa fanno e non cosa dicono...ci piace!
L’Europa in trappola
di Daron Acemoglu e Simon Johnson, 21 marzo 2012

WASHINGTON – L’élite della politica europea, ovvero chi delinea le strategie da seguire a livello nazionale e dell’eurozona, è in seri guai. E’ infatti a causa della sua mal gestione del contesto economico che si è arrivati ad una situazione di profonda crisi a discapito di tutte le
nobili promesse di unità e prosperità sancite con l’introduzione dell’euro. Anche se, infatti, l’unione monetaria riuscirà a sopravvivere, per milioni di persone l’euro ha già fallito nella sua missione di sostegno alla crescita e di garanzia di stabilità. Ma come è successo?

L’economia greca, portoghese, irlandese e italiana stanno annaspando a causa delle politiche di austerità fiscale che comportano ampi tagli di budget e consistenti aumenti delle tasse. Questo mix di politiche porterà quindi ad un rallentamento non solo della loro crescita ma anche di quella del resto d’Europa.

Ma questo è solo parte del problema. La questione più importante è l’eccesso di debito che ha costretto i governi europei a perseguire questa via. Ci sono grandi similitudini con quello che è successo negli Stati Uniti negli ultimi anni, con molte famiglie schiacciate dai debiti ed un conseguente calo dei consumi che non sono ancora ripresi. Il processo di aggiustamento sarà ancor più doloroso in Europa a causa dell’effetto della crisi del debito sovrano su consumatori, investitori e sul settore pubblico in ugual misura.

C’è tuttavia un modo semplice per gestire l’eccesso di debito: ridurre i pagamenti ristrutturando il debito stesso. Molte aziende sono in grado di rinegoziare i termini finanziari con i loro creditori generalmente estendendo la maturità delle loro passività e riuscendo, in tal modo, ad avere ulteriori prestiti per finanziare progetti nuovi e migliori. Se queste negoziazioni non riescono ad essere portate avanti in modo volontario, le aziende statunitensi possono comunque fare riferimento al capitolo 11 del codice fallimentare in base al quale un tribunale supervisiona e approva la riorganizzazione delle passività. Lo stesso dovrebbe quindi verificarsi per i nuclei familiari americani e per i governi europei in difficoltà. Invece, la ristrutturazione del debito è stata troppo poco consistente ed è arrivata troppo tardi. Perché?

In entrambi i casi, l’argomentazione principale per evitare l’eliminazione dell’eccesso di debito è venuta dalle banche secondo le quali una simile operazione avrebbe sconvolto i mercati finanziari per due ragioni fondamentali. Prima di tutto, quali principali creditori, le banche si troverebbero ad affrontare ampie perdite che provocherebbero un effetto domino con ondate di pessimismo in grado di alzare i tassi di interesse e di rovinare le prospettive di altri beneficiari di prestiti. In secondo luogo, le banche soffrirebbero di un’eventuale ristrutturazione anche in seguito alla vendita della copertura contro il default sotto forma di credit-default swap. Qualora, infatti, questi swap fossero attivati, le banche potrebbero subire nuove ingenti perdite.

Nel caso della Grecia, le banche internazionali hanno a lungo sostenuto che un’eventuale ristrutturazione del debito avrebbe provocato un contagio su larga scala all’interno dell’eurozona e forse persino oltre. Tuttavia, la Grecia non ha avuto alla fine altra scelta che ristrutturare il debito, riducendo il valore dei rimborsi privati del 75% rispetto al loro valore nominale (anche se, probabilmente, non sarà comunque sufficiente a rendere sostenibile il peso del debito del paese). Quest’operazione è stata considerata come un evento creditizio, il che ha reso possibile l’esercizio dei credit default swap obbligando gli assicurati contro il default a pagare.

Si è forse scatenato l’inferno? No. Le banche non sono fallite e non c’è segno di un effetto domino. Ma ciò non dipende dal fatto che le banche si erano preparate accumulando più capitale. Al contrario, rispetto alle possibili perdite future, le banche europee hanno accumulato recentemente un capitale poco consistente, gran parte di cui consiste, in realtà, in contabilità creativa piuttosto che in capitale azionario in grado di assorbire la perdita.

Forse il rischio che un’eventuale ristrutturazione del debito greco potesse provocare un crollo finanziario è sempre stato minimo, mentre ci si doveva comunque aspettare un rallentamento dei mercati. Ma in tal caso perché tutto questo trambusto?

La risposta dovrebbe essere ormai chiara: la politica dei gruppi di interesse e la prospettiva mondiale delle élite che dettano le politiche. Anche qualora il rischio nei confronti del sistema finanziario fosse stato minimo, l’impatto sulle banche e sugli obbligazionisti sarebbe comunque stato consistente. Molti di loro avrebbero perso miliardi, così come molti dipendenti del settore finanziario si sarebbero trovati senza lavoro. Prevedibilmente, le principali banche hanno quindi remato contro la ristrutturazione del debito sia a porte chiuse che pubblicamente.

L’Istituto per la Finanza Internazionale, ad esempio, un eminente gruppo di pressione di Washington a favore delle grandi banche, ribadisce continuamente di salvarle o di affrontare le eventuali conseguenze. Ma la loro storia è tanto importante quanto il loro potere politico che, negli ultimi anni, è aumentato in modo significativo, tanto che i principali policimaker di Stati Uniti ed Europa sono arrivati a proteggere i capitali delle banche anche quando non ci sono implicazioni più ampie per l’economia.

Anche adesso molte delle perdite che le banche avrebbero dovuto subire sono sostenute dal settore pubblico attraverso, ad esempio, diverse forme di aiuto diretto e da provvedimenti straordinari e rischiosi della Banca Centrale Europea. L’entità dei sussidi in questo settore è sbalorditiva e, con le attuali politiche, non potrà far altro che aumentare nel tempo sostenendo, quindi, lo stile di vita dell’1% delle persone al top nei paesi molto ricchi.

Il default della Grecia è finito per trasformarsi nel proverbiale can che abbaia non morde. La lezione per l’Europa, e anche per gli Stati Uniti, è evidente: è tempo di smettere di ascoltare quello che dicono le banche e di iniziare a focalizzarsi su quello che fanno. Dobbiamo valutare nuovamente la distorsione dell’economia politica da parte del settore finanziario prima che l’eccesso di potere dei pochi imponga costi ancor più alti su tutti gli altri.
...se vuoi ottenere qualcosa di diverso devi cominciare ad agire diversamente.
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Re: Stati e Mercati

Messaggioda ChristianTambasco » 23/04/2012, 8:51

fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza- ... d=Ab2ImKRF

interi Stati in balia degli speculatori...
Chi specula sull'Italia? Bankamerica e Morgan Stanley guadagnano con i derivati di BTp e Bonos
di Mara Monti con un'analisi di Alessandro Plateroti, 21 aprile 2012

Ridurre l'esposizione verso i Paesi periferici europei. Vendere i titoli del debito pubblico di Italia, Spagna, Portogallo, Grecia e Irlanda è stata la missione delle principali banche americane sui mercati europei negli ultimi mesi. È quanto sta emergendo dai bilanci del primo trimestre dei colossi bancari statunitensi che stanno alzando il velo sulla loro operatività nei mesi più difficili per l'Europa quando persino l'esistenza dell'euro veniva messa in discussione.

Dal bilancio trimestrale di Morgan Stanley, ad esempio, emerge che nei primi tre mesi del 2012 l'istituto americano ha ridotto del 21% la sua esposizione verso i Paesi europei più indebitati portandola a 2,4 miliardi di dollari da 3,06 miliardi di gennaio, con una riduzione di 618 milioni di dollari. Una posizione che si è andata accentuando con il passare delle settimane dal momento che a fine dicembre l'esposizione netta verso i Paesi a rischio debito sovrano era di 6,44 miliardi di dollari di cui 4,9 miliardi di dollari soltanto verso l'Italia.

A contribuire a ridurre l'esposizione verso Italia è stata la chiusura lo scorso 3 gennaio di un contratto derivato da 3,4 miliardi di dollari. La riduzione ha riguardato tutti i principali Paesi che hanno sofferto in questi mesi, ad eccezione della Francia dove invece l'esposizione è stata aumentata a 4,14 miliardi da 1,71 miliardi di fine dicembre. In più, Morgan risulta avere venduto un miliardo di Cds, contatti assicurativi contro il rischio default dei titoli governativi, per lo più dell'Italia e della Spagna.

Il campanello d'allarme sul rischio Europa sarebbe scattato alla luce del crollo del 41% dei prezzi delle azioni della banca nel terzo trimestre del 2011 quando i timori del peggioramento della situazione finanziaria dei Paesi europei aveva messo sotto pressione l'istituto. Lo stesso ha fatto Bank of America che, come risulta dal bilancio, ha ridotto l'esposizione totale verso Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo e Spagna portandola a 9,8 miliardi di fine marzo da 11,5 miliardi di dollari registrato a fine marzo 2012 e 10,3 miliardi di fine dicembre.

Dunque da quanto sta emergendo, alla fine del primo trimestre le principali banche americane si erano posizionate per guadagnare se i titoli di debito pubblico del gruppo dei Pigs si svalutavano, scommettendo quindi sul peggioramento delle condizioni economiche dei Paesi europei in posizione più debole. Giocare contro il Portogallo, ad esempio, vuol dire fare crollare i prezzi dei titoli pubblici del Paese, ma allo stesso tempo aumentarne i rendimenti. A quel punto entrano in campo i trader delle grandi banche che comprano a prezzi ribassati per poi rivendere gli stessi titoli quando i loro valori risalgono lucrando sul valore. Un gioco semplice se gli operatori in campo sono di dimensioni tali da riuscire a muovere il mercato. Chi compra in queste condizioni? Se i rendimenti salgono, i primi ad essere interessati sono gli investitori istituzionali come i fondi pensione e le società di gestione che possono detenere in portafoglio i titoli fino alla scadenza.

Nel frattempo le banche si alleggerivano dei titoli governativi in portafoglio guadagnando sulle attività di trading. Nel caso dell'Italia, non è chiaro come le banche potessero conciliare questa operatività con la loro posizione di specialist del Tesoro italiano nel collocamento dei titoli pubblici in asta: sono 20 le banche, per lo più estere, che devono garantire un'operatività del 3% l'anno sul mercato primario e su quello secondario, assicurando prezzi e quantitativi. Ma in quei giorni caldi tutte queste garanzie erano venute meno e la mano invisibile del mercato ha fatto il resto.
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Re: Stati e Mercati

Messaggioda ChristianTambasco » 27/04/2012, 9:28

fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2012-04-25/crisi-escalation-174514.shtml?uuid=AbmVAETF

Come la giri sempre lì sei, sarà il caso di cambiare il sistema alla base!?
Crisi in escalation
di Hans-Werner Sinn, 25 aprile 2012

MONACO – Per un attimo è sembrato che il programma di credito da 1000 miliardi di euro della Banca centrale europea, teso a iniettare liquidità nel sistema bancario dell’Europa, avesse tranquillizzato i mercati finanziari globali. Ma ora i tassi di interesse sui titoli di Stato italiani e spagnoli registrano un nuovo incremento e tornano a sfiorare il 6%.

Ovviamente, non si tratta del limite oltre il quale il peso debitorio diventa insostenibile. Dopo tutto, i tassi di interesse nel Sud Europa sono stati ben al di sotto del 10% nel decennio precedente l’introduzione dell’euro. Anche la Germania in quel periodo ha dovuto pagare i titolari di bond con cedole superiori al 6%. Ciò nonostante, i mercati stanno chiaramente manifestando un forte dubbio sull’eventualità che Spagna o Italia siano disposte a sostenere il proprio onere debitorio.

Il problema principale è la Spagna, dove il debito estero privato e pubblico è superiore a quello di Grecia, Portogallo, Irlanda e Italia messi insieme, e come in Grecia, si avvicina al 100% del Pil (93% per la precisione). Un quarto della forza lavoro e la metà dei giovani spagnoli sono disoccupati; questo scenario riflette la perdita di competitività del Paese sulla scia della bolla immobiliare gonfiata dal credito facile del periodo pre-crisi. Il deficit delle partite correnti si attesta al 3,5% del Pil, malgrado il calo delle importazioni indotto dalla recessione, mentre la contrazione economica spingerà la Spagna a mancare di nuovo il proprio target sul deficit di bilancio.

Inoltre, il debito della Spagna con il sistema Target di finanziamenti della Bce è cresciuto di 55 miliardi di euro (72 miliardi di dollari) tra febbraio e marzo, perché bisognava prevedere una compensazione per l’esodo di capitali di tale importo. Da luglio 2011 il debito Target della Spagna è cresciuto di 199 miliardi di euro. Il capitale ha preso il volo, e non si tratta più di bilanciare gli afflussi del 2008-2010. Il totale cumulativo dall’inizio del primo anno di crisi (2008) implica che la Spagna ha finanziato l’intero deficit delle partite correnti stampando moneta.

Il quadro è leggermente più roseo in Italia, dove il saldo delle partite correnti è oscillato da un surplus pari al 2% del Pil a un deficit pari al 3% del Pil negli ultimi dieci anni. Il debito Target del Paese è cresciuto di 76 miliardi di euro da febbraio a marzo, registrando da luglio 2011 un totale di 276 miliardi di euro. Anche l’Italia sta prosciugando i capitali; in effetti, la fuga degli investitori ha evidenziato un’accelerazione dopo l’iniezione di liquidità della Bce.

Ora è chiaro che è la stessa Bce ad aver causato gran parte della fuga di capitali da Paesi come Spagna e Italia, perché il credito a basso costo da essa offerto allontanava i capitali privati. L’obiettivo delle misure attuate dalla Bce era quello di ripristinare la fiducia e dar vita a una ripresa del mercato interbancario. Anche su questo fronte non ha riscontrato grandi successi, malgrado l’ingente quantità di denaro messa a disposizione.

Ora sono i francesi a vacillare. Dal momento che i capitali hanno abbandonato il Paese tra luglio 2011 e gennaio 2012, il debito Target della Francia è incrementato di 95 miliardi di euro. Anche la Francia ha perso competitività, a causa del credito a basso costo concesso nei primi anni dell’euro. Secondo un recente studio di Goldman Sachs, il livello dei prezzi del Paese deve scendere del 20% rispetto alla media dell’euro – e quindi deve svalutarsi in termini reali – se l’economia intende riguadagnare competitività all’interno dell’Eurozona.

L’Italia dovrà attuare una svalutazione interna del 10-15% e la Spagna del 20%. Mentre Grecia e Portogallo devono fronteggiare la necessità di deflazione rispettivamente al 30% e al 35%, i dati per Spagna e Italia sono abbastanza elevati da giustificare i timori sul futuro sviluppo dell’Eurozona. Questi squilibri possono essere corretti solo con grande impegno, ma a patto che si accetti un decennio di stagnazione. Per Grecia e Portogallo sarà un’impresa ardua restare nell’Eurozona.

In molti risolverebbero il problema instradando sempre più credito a basso costo attraverso canali pubblici – fondi di salvataggio, eurobond o Bce – dai Paesi in salute dell’Eurozona al Sud Europa in difficoltà. Ma ciò spingerebbe ingiustamente i risparmiatori e i contribuenti dei Paesi in salute a fornire capitale al Sud Europa a condizioni che non condividerebbero volontariamente.

I risparmi tedeschi, olandesi e finlandesi, rispettivamente pari a 15.000, 17.000 e 21.000 euro per lavoratore, sono già stati convertiti da investimenti negoziabili in puri fondi perequativi contro la Bce. Nessuno sa quanto varrebbero questi fondi in caso di tracollo dell’Eurozona.

Infine, la fornitura pubblica e permanente di credito a basso costo porterebbe a una prolungata infermità, se non addirittura a un collasso economico dell’Europa, dal momento che l’Eurozona diverrebbe un sistema di gestione centrale con un controllo statale sugli investimenti. Questi sistemi non possono funzionare, perché eliminano il mercato dei capitali come principale meccanismo di comando del sistema economico. Non si può fare a meno di domandarsi con quanta sconsideratezza i politici europei abbiano imboccato questa strada così scivolosa.
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Re: Stati e Mercati

Messaggioda ChristianTambasco » 27/04/2012, 9:43

il programma di credito da 1000 miliardi di euro della Banca centrale europea, teso a iniettare liquidità nel sistema bancario dell’Europa, avesse tranquillizzato i mercati finanziari globali


il gioco a tre...Banca centrale, sistema bancario, mercati...e lo Stato?

Ma ora i tassi di interesse sui titoli di Stato italiani e spagnoli registrano un nuovo incremento e tornano a sfiorare il 6%
...
i mercati stanno chiaramente manifestando un forte dubbio sull’eventualità che Spagna o Italia siano disposte a sostenere il proprio onere debitorio.
...



eccolo nel suo ruolo di debitore

il debito della Spagna con il sistema Target di finanziamenti della Bce è cresciuto di 55 miliardi di euro (72 miliardi di dollari) tra febbraio e marzo, perché bisognava prevedere una compensazione per l’esodo di capitali di tale importo.


ma la BCE?

Ora è chiaro che è la stessa Bce ad aver causato gran parte della fuga di capitali da Paesi come Spagna e Italia, perché il credito a basso costo da essa offerto allontanava i capitali privati. L’obiettivo delle misure attuate dalla Bce era quello di ripristinare la fiducia e dar vita a una ripresa del mercato interbancario. Anche su questo fronte non ha riscontrato grandi successi, malgrado l’ingente quantità di denaro messa a disposizione.


dimenticavo il gioco a tresette col morto (lo Stato)

Ora sono i francesi a vacillare.


pure loro piccoli brutti e cattivi?! ma non è che il sistema a qualcosa alla base che non va che poi può essere amplificato o meno dalle specificità dei singoli paesi?!
una riflessione in tal senso mi sembra d'obbligo

Infine, la fornitura pubblica e permanente di credito a basso costo porterebbe a una prolungata infermità, se non addirittura a un collasso economico dell’Europa, dal momento che l’Eurozona diverrebbe un sistema di gestione centrale con un controllo statale sugli investimenti. Questi sistemi non possono funzionare, perché eliminano il mercato dei capitali come principale meccanismo di comando del sistema economico.


no per carità il credito a basso costo è un privilegio del sistema bancario da girare ai mercati, sia mai che uno Stato possa godere di credito a basso costo, non parliamo poi di denaro a basso costo, follia.

beh almeno ci garantiremo che gli economisti di turno potranno continuare a disquisire, dibattere, scrivere insomma un settore quello dei professoroni che non conosce crisi
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Re: Stati e Mercati

Messaggioda ChristianTambasco » 30/04/2012, 10:20

fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-04-29/crescita-riscopre-fattore-solidarieta-151425.shtml?uuid=Ab9FEKVF


Se la crescita riscopre il fattore solidarietà
di Guido Rossi, 29 aprile 2012

Nulla sembra cambiato da quando Aristotele, all'inizio della Politica, scriveva che in democrazia i poveri sono re e la volontà del più gran numero ha forza di legge e mai i ricchi sono stati più numerosi dei poveri, tuttavia hanno sempre governato il mondo e manovrato le fila di coloro che governano.

Oggi più che mai i sistemi democratici si confondono con il governo dei ricchi. E il governo dei ricchi ha adottato uno strumento di pericoloso sovvertimento dei valori delle democrazie: il denaro. Il riferimento ai recenti scandali italiani che riguardano l'uso personale dei rimborsi elettorali ai partiti, è troppo facile per essere qui richiamato. È invece il caso – perché il problema non è né nostrano né provinciale, ma di carattere generale – di citare il ponderoso recentissimo volume del grande giurista di Harvard, Lawrence Lessig (Republic, Lost, New York – Boston, 2012), che esamina con dovizia di argomentazioni come si è perduta anche la democrazia negli Stati Uniti, con la corruzione della classe politica. L'indagine sulla corruzione è impietosa e riguarda i tre tipi principali: il primo, quello attraverso il denaro dato in cambio di favori politici, che maggiormente disgusta e allontana i cittadini dalla politica e dà origine alle derive populiste; il secondo, quello della corruzione attraverso la cosiddetta gift economy, l'economia del dono, per cui non si dà denaro contro favori, ma semplicemente si donano beni, posizioni sociali ed economiche di prestigio, viaggi, stili di vita, contro nulla di preciso, ma che tuttavia legano donatore e beneficiario in una sorta di sodale comunità di intenti. Il terzo esempio di corruzione, che personalmente chiamerei corruzione culturale, contraddistingue al massimo grado l'elite globale emergente nel capitalismo finanziario, in cui i pochi ricchissimi si nascondono dietro i dogmi nebbiosi dei mercati globali, che hanno tuttavia una loro precisa identità nelle grandi banche e nelle multinazionali della finanza e della speculazione.

Altrettanto recentemente Luciano Gallino, in uno straordinario saggio, La lotta di classe (editore Laterza 2012), ha identificato il disastro sociale e politico dell'attuale crisi delle democrazie attraverso l'antico paradigma della lotta di classe, dove quella vincente ha imposto, con una ormai scoperta regia della comunicazione, regole, dogmi e slogan che, istigando insicurezza e paura nella quasi totalità della popolazione, fanno di questa classe media la classe perdente, con una qualità della vita sempre più povera e disperata, imposta dalla élite vincente. Alla élite globale emergente e al modo di ragionare dei think tanks del pensiero neoliberale obbediscono ormai gli Stati, con politiche sempre più dichiarate e sempre meno attuate, dove la disoccupazione sembra essere l'ultimo dei problemi, che con tutti gli altri ha ceduto il passo all'ostinato rigore dell'austerità, a continuo danno della classe perdente.

È bastato tuttavia il timore di un cambio della presidenza francese con una possibile vittoria del socialista Hollande per scatenare il nuovo slogan della crescita, finora privo di qualsiasi contenuto, come una sorta di futura solidarietà tra le classi sociali. Parla allora di crescita anche chi, tra i vertici dell'élite globale emergente, dichiarava lo stato sociale europeo morto o chi rivendicava il rigore e l'austerità come unica panacea per uscire dalla crisi, o chi ancora adottava solo slogan per salvare i paesi dal baratro senza peraltro tener conto che il baratro era quello creato dalla speculazione finanziaria e che quindi le prime riforma da fare sarebbero state quelle sul capitalismo finanziario e sulla corruzione della politica, a esso sempre più prona. È così che il sistema ha creato una massa abnorme di denaro in cerca di investimenti sempre più speculativi, ai danni esclusivi di una massa sempre maggiore di cittadini disoccupati e impoveriti.

Se finalmente si scoprirà che l'austerità e il rigore fine a se stessi servono solo a creare una grande depressione economica, sociale e politica, c'è solo da augurarsi che ancora una volta dalla Francia parta quello spirito critico che dai Lumi ha creato le democrazie occidentali e che serva a riaprire in Europa un serio discorso, non solo a parole, sul ripristino e il consolidamento dello stato sociale democratico, che solo l'Europa unita può portare come esempio di possibile rinascita alla globalizzazione mondiale. Questa oggi è l'unica vera sfida della politica, tutto il resto è letteratura.
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Re: Stati e Mercati

Messaggioda Bruce » 01/05/2012, 14:40

Mi è piaciuto molto questo articolo. Effettivamente la vittoria di Hollande porterebbe non pochi problemi ai potenti che vogliono questa dittatura finanziaria, e se davvero ci sarà nella prossima settimana, una guerra contro l'ESM in Germania, è possibile che si potrebbe realmente iniziare a sistemare qualcosa. Sbaglio o in Spagna sono iniziate molte manifestazioni corpose? In Italia ancora non si sta muovendo molto, ma c'è Grillo che sta prendendo sempre più voti (positivo?) e Monti che sta crollando a picco (positivo, decisamente).
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Re: Stati e Mercati

Messaggioda Riccardo Bovolenta » 13/05/2012, 13:58

Speriamo che siano i primi segnali di una presa di coscienza da parte della popolazione italiana, e di una voglia di riappropriarsi della sovranità non solo politica, ma anche monetaria.
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Re: Stati e Mercati

Messaggioda Vito Zuccato » 13/05/2012, 14:32

Ma secondo voi un semplice cambio di maggioranza tra i rappresentati politici in Italia, in Europa e nel Mondo, come già avviene da decenni, è la dimostrazione dell'inizio del cambiamento? E cambiamento in che senso?
Ma avete mai fatto un'indagine su cosa sono/dicono/fanno nei dettagli i vari rappresentanti politici?

La verità è che:
1. NESSUNO degli attuali dirigenti di partito politico capisce alcunché di economia monetaria e/o OGNUNO degli stessi è direttamente e indirettamente azionista/amministratore/faccendiere/ideologo/succube della lobby bancaria e/o direttamente e indirettamente finanziato dalla stessa, come già avviene da secoli;
2. state di nuovo SPERANDO nell'arrivo dell'ennesimo noiossissimo Messia foraggiato dal sistema a liberarvi (auto-beffa);
3. non c'è ALCUNCHE' da ri-prendersi poiché NULLA di quanto sopra è mai stato in passato di proprietà del volgo;
4. occorre pretendere e prendersi ciò che spetta senza tante storie, ma come si vede non c'è alcuna convinzione operativa e ci sono solo attese di Conducenti, tenendo nel frattempo la testa sotto la sabbia e/o sotto il terriccio dell'orticello®.

:roll: :( Paulo maiora canamus.
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Re: Stati e Mercati

Messaggioda domenico.damico » 14/05/2012, 12:13

Su Grillo si è gia detto tanto, e tutti i dubbi che lo riguardavano crescono al crescere del suo potere mediatico-politico,
diventando certezze.
Lo ha detto anche lui, scherzando: i partiti dovrebbero ringraziarlo, perché è lui a tenerli ancora in vita, così come sono.

In questo video, però, ogni dubbio è spazzato via:

viewtopic.php?f=17&t=160

Non può cambiare nulla con la mera protesta, con il malcontento che si placa con il primo guru che strilla puttanate in piazza. Anzi: il cittadino accetta come buone cose poco ragionate, non pensate, ma tirate fuori dalla pancia dell'indignazione e senza la necessaria elaborazione fatta di confronti, di partecipazione, di proposte etc.
C'è bisogno di impegno in prima persona, perché le cose veramente cambino, specie in materia monetaria, dove la controparte è forte, competente e molto determinata a mantenere lo status quo.
Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì.
I quali si chiederanno cosa non viene apprezzato del loro ottimismo.
Ennio Flaiano
domenico.damico
 
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Re: Stati e Mercati

Messaggioda ChristianTambasco » 18/05/2012, 7:43

fonte: sole24ore http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-05-17/banche-aggrappate-063857.shtml?uuid=AbPcsjdF

E io pago...
Banche aggrappate alla Bce
17 maggio 2012

Le banche spagnole sono ancora esposte sul mattone per 323 miliardi di euro, una cifra che vale il 30% dell'intero Pil nazionale e che non è bilanciata dagli accantonamenti per far fronte alle perdite future che secondo Barclays ammontano a circa 110 miliardi di euro.
È la fragilità delle banche oggi il problema più grave della Spagna, la ferita attraverso la quale si diffonde il contagio. Solo i prestiti della Bce hanno permesso al sistema finanziario di non andare il default. Il Governo di José Luis Zapatero ha cercato di risolvere la situazione creando fondi pubblici di emergenza, l'attuale Governo conservatore è intervenuto per favorire le fusioni tra società del credito - senza tuttavia raggiungere i risultati sperati come ha dimostrato la nuova crisi di Bankia - salvo poi annunciare lo scorso fine settimana una riforma che poggia su tre elementi: trasparenza per individuare gli asset tossici dell'immobiliare, bad bank per isolare i crediti e le proprietà di dubbio valore, maggiori riserve per prevenire ulteriori svalutazioni.
Sotto insistenza dell'Eurogruppo la Spagna ha cercato di abbreviare i tempi dell'analisi indipendente di tutto il portafoglio del proprio sistema bancario chiedendo anche aiuto alla Bce. Sulle riserve il Governo ha chiesto alle banche un ulteriore sforzo ma è difficile che il sistema possa risanarsi senza un nuovo ricorso a risorse pubbliche. Rbs stima che serviranno capitali per altri 100 miliardi di euro.
...se vuoi ottenere qualcosa di diverso devi cominciare ad agire diversamente.
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