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DOSSIER ORO, PLATINO, ARGENTO...

MessaggioInviato: 01/08/2013, 11:47
da domenico.damico
Un articolo del Corriere della Sera sui traffici di oro tra regime nazista e Bank of England ci dà lo spunto per aprire questo thread e parlare di oro e della storia parallela raccontata dai mercimoni - segreti o meno - di mettalo nobile, specie quelli fra banche centrali.

Ecco il link all'articolo:

http://rassegnastampa.unipi.it/rassegna ... IO4019.PDF

DOSSIER ORO - USA VS GERMANIA

MessaggioInviato: 24/11/2013, 12:48
da domenico.damico
Interessante tutta questa vicenda tra Usa e Germania sull'oro...

La guerra delle valute passa dal controllo sull'oro. E così che i Paesi (ri)emergenti vogliono fare le scarpe al dollaro


Occidente e Oriente hanno strategie diverse sul metallo giallo. Il primo lo vende, il secondo ne fa incetta. Per rilanciare una nuova valuta di ultima istanza e per arginare il potere del biglietto verde

Allo scontro geopolitico tra Cina, Russia e Usa si aggiunge lo scontro economico ed ideologico tra la triade del quantitative easing (Usa, Uk e Giappone) da una parte e la Germania dall'altra, attorniata dai vari Paesi della UE, alcuni dei quali stanno dando segnali di esaurimento economico e politico. La richiesta da parte della Bundesbank di far tornare in patria i lingotti detenuti presso la Fed di New York ha innescato un certo panico in America. Molti sono convinti che tra cessioni in leasing, ipoteche e re-ipoteche, vendite allo scoperto, garanzie per Etf, in realtà l'oro che si presume sia detenuto nei depositi aurei americani in realtà sia molto meno di quello dichiarato: non a caso i tedeschi si sono dovuti accontentare di farsi riconsegnare entro il 2019 le proprie tonnellate d'oro e da quel momento i sussulti nelle quotazioni in dollari dell'oro finanziario hanno cominciato ad essere molto forti. Del resto se devo riconsegnare un bene che non ho lo devo ricomprare; e, per ricomprarlo, debbo sperare o posso fare in modo di spingere il prezzo in basso così da non rovinarmi troppo.

FONTE:
http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... id=ABSd2Ee

ORO: GERMANIA VS USA

MessaggioInviato: 24/11/2013, 13:47
da domenico.damico
Prima ancora era uscito quest'altro articolo:

La Germania riporta a casa l'oro conservato nei fortini esteri

Entro il 2020 la Bundesbank rimpatrierà quasi 700 tonnellate di lingotti d'oro delle sue riserve attualmente conservati all'estero. In una nota la banca centrale tedesca spiega come grazie a queste operazioni entro il 2020 metà delle riserve auree della Germania saranno custodite nel Paese, rispetto alla quota attuale del 31%.

La Germania
Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/DwR1W

DOSSIER ORO: BANKITALIA

MessaggioInviato: 24/11/2013, 13:57
da domenico.damico
Questo articolo rende conto delle ultime vicende dell'oro di bankitalia e dell'annosa vicenda che riguarda
la proprietà dell'oro stesso; se riconducibile agli azionisti privati oppure al patrimonio dello Stato.


MANI PRIVATE SULL’ORO DI BANKITALIA

di MARIO ESPOSITO*

La questione della rivalutazione delle quote di partecipazione al capitale di Bankitalia, entrata ormai nel dibattito politico e presentata come una misura produttiva di effetti soltanto positivi, nasce da una situazione di illegittimità: la titolarità di tali quote in capo a soggetti privati. È infatti ancora vigente l’art. 20 del R.D, n. 375/1936, che riserva esclusivamente a soggetti di natura pubblica l’appartenenza del capitale dell'Istituto centrale. L’anomalia si è determinata a seguito della stagione delle privatizzazioni, allorché le quote possedute dalle casse di risparmio e dalle banche di interesse nazionale, invece di transitare alle fondazioni “figlie” di quelle operazioni ovvero di essere “riconsegnate” allo Stato, rimasero nel patrimonio delle aziende di credito, con il risultato di concentrare nelle mani di Intesa Sanpaolo e di Unicredit il 52,4% del capitale. Soltanto nel 2005, con una norma tutt’ora inattuata e poco gradita a Via Nazionale, il legislatore ha imposto di riportare le partecipazioni in Banca d’Italia a soggetti di diritto pubblico: per la verità questa norma sarebbe stata inutile, essendoci ancora quella del 1936, ma probabilmente si è voluto dirimere gli equivoci interpretativi. Frattanto, però, i privati - e tra di essi soprattutto le banche - hanno cominciato a valutare le loro partecipazioni con valori ben al di sopra di quanto risulterebbe dal capitale ufficiale di Bankitalia, che ammonta a soli 156.000,00 euro. Una cifra che costituisce la mera traduzione nominale dell’originario capitale, fissato, proprio nel 1936, in trecento milioni di lire. Nel patrimonio di alcuni quotisti privati si toccano cifre di ben altre proporzioni (la Carige per esempio valuta le proprie in 22,1 miliardi di euro: vedi la «Repubblica» del 30.9.2013). La ragione del divario è relativamente semplice: il valore delle quote sarebbe di gran lunga superiore se, oltre al capitale, potessero a tal fine considerarsi anche le riserve ordinarie e straordinarie che compaiono nel bilancio di Bankitalia. Ma la legge e lo statuto della Banca non lo consentono, per almeno due motivi: da un lato, perché le norme sono state pensate per un istituto al quale partecipassero esclusivamente soggetti pubblici (o a questi equiparati); dall’altro, perché le riserve, come ha dichiarato a «Il Sole 24 Ore» il Direttore generale, Salvatore Rossi, «sono state accumulate dalla Banca centrale attraverso la sua attività tipica che è quella di battere moneta, negli anni passati da sola, oggi in condominio con la Bce. Una funzione pubblica, peculiare della banca centrale, su cui i partecipanti non possono avere pretese». Ma i fatti, come si sa, premono sul legislatore, soprattutto quando, come nel nostro caso, ne siano protagoniste le banche, le quali agiscono secondo la logica commerciale: se il loro metodo di “computo” venisse legittimato, le banche troverebbero così un rilevantissimo ausilio per rimediare al notissimo problema della loro consistenza patrimoniale. La soluzione, che peraltro urta contro il divieto europeo di concedere aiuti di Stato (i partecipanti al capitale della nostra Banca centrale si vedrebbero attribuire un diritto di appartenenza su beni pubblici), incontra oggi il favore del Governo, il quale conta di ricavarne gli introiti fiscali corrispondenti all’imposta dovuta dai quotisti sul maggior valore delle loro partecipazioni. È lecito, però, dubitare che lo Stato ne tragga reale vantaggio, dal momento che il tributo (per di più liquidato con un’aliquota agevolata) troverebbe molto ampia copertura nell’incremento attribuito (in sostanza a titolo gratuito) dallo Stato alle quote del capitale dell’Istituto centrale. Nonostante ciò, la stessa Banca d’Italia ha costituito una commissione incaricata di proporre una nuova valutazione delle quote che ha adempiuto al suo compito in tempi insolitamente celeri, consegnando una relazione (consultabile sul sito istituzionale della Banca) che suscita molte, motivate perplessità. Ma non è tutto: la privatizzazione «a regime» della Banca d’Italia, porta con sé un altro effetto, indirettamente desumibile dalla relazione della commissione. Gli esperti nominati dall’Istituto centrale hanno infatti rilevato criticamente l’eccessiva concentrazione, nelle mani di alcuni partecipanti, di una percentuale troppo elevata del capitale: la rivalutazione è stata anzi indicata quale passo da compiere necessariamente proprio in vista del trasferimento delle quote ai potenziali acquirenti (investitori istituzionali con un orizzonte di lungo periodo). Ebbene, è notissimo e persino ovvio che, nelle eventuali negoziazioni destinate alla cessione delle quote, il loro valore verrebbe stabilito facendo riferimento anche al patrimonio della Banca d’Italia, nel quale rientra l’oro che l’Istituto ha accumulato nei molti anni nei quali ha esercitato la funzione pubblica di emissione monetaria: si tratta delle riserve auree, la consistenza delle quali situa l’Italia al terzo posto della graduatoria mondiale. Secondo voci autorevolissime esse sarebbero sufficienti a garantire l’intera emissione di moneta nazionale, allorché lo Stato italiano decidesse di recedere dall’Eurosistema. È un aspetto del quale, forse non a caso, si parla ben poco, anche nelle trattazioni giuridiche dedicate alla Banca d'Italia: ma l’analisi della normativa vigente induce a ritenere che si tratti di beni pubblici di natura quasi demaniale, destinati ad uso di utilità generale, che Bankitalia non avrebbe più titolo per detenere, essendo la sua funzione monetaria confluita in quella affidata ormai alla Banca Centrale Europea (alla quale, infatti, Bankitalia ha dovuto conferire un parte delle nostre riserve in valuta). L’oro, insomma, sarebbe degli italiani e dovrebbe pertanto essere restituito allo Stato. Non è difficile immaginare, allora, lo scenario che si aprirebbe se, una volta privatizzata, si decidesse o si avesse necessità di riportare la Banca d’Italia in mano pubblica: le quote dovrebbero essere acquistate, ovvero espropriate facendo riferimento ad un valore esorbitante (si pensi che, nello stato patrimoniale della Banca al 31.12.2012 la voce «oro e crediti in oro» ammonta a 99miliardi e 417,22 milioni di euro, essendo la sola riserva aurea pari a 2.451 tonnellate d’oro), con prevedibili gravissimi effetti sul debito pubblico. Né può dimenticarsi che, secondo l’attuale Statuto di Bankitalia (art. 6), sono i partecipanti, riuniti in assemblea straordinaria, a decidere sulle modificazioni dello statuto medesimo: non sembra perciò decisivo affermare, come spesso si legge, che i quotisti non hanno alcun concreto potere di ingerenza nell’esercizio delle funzioni della Banca centrale. Ciò vale sino a quando non venga modificato, appunto, lo statuto. In definitiva, la rivalutazione delle quote della Banca d'Italia, insieme con un (dubbio) provento fiscale, è suscettibile di portare con sé conseguenze tutt’altro che favorevoli per gli italiani. E sarebbe auspicabile che di ciò si occupassero le nostre Camere, magari procedendo ad una apposita inchiesta parlamentare, prima di assumere qualsiasi determinazione.

*Professore straordinario di diritto costituzionale presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell'Università del Salento


Fonte: http://ricerca.gelocal.it/nuovavenezia/ ... NIONE.html

ZIMBABWE E (IL SUO) PLATINO

MessaggioInviato: 01/01/2014, 19:02
da domenico.damico

Grande raffineria di platino nello Zimbabwe

Licenze in cambio di lavoro. È questa la politica messa in atto dallo Zimbabwe per consentire lo sfruttamento delle miniere di platino agli investitori esteri.


Il presidente Robert Mugabe è disposto a lasciare alle aziende minerarie di proprietà straniera le quote di maggioranza, a condizione che queste impiantino nel territorio una raffineria entro i prossimi due anni. Un avvertimento che assomiglia molto ad un ultimatum, visto che l’intenzione del Governo è quella di indurre le multinazionali a creare posti di lavoro nel paese sudafricano.

Per il momento sia la Anglo American Platinum che l’Impala Platinum, la seconda più grande miniera di platino del mondo, hanno accettato di vendere il 51% delle loro azioni agli investitori neri sotto le leggi di responsabilizzazione del governo dello Zimbabwe. La manovra potrebbe però essere temporanea, visto che il governo ha promesso di restituire loro le quote di maggioranza, una volta terminato il progetto.

Il costo della raffineria non sarebbe certamente esiguo. Il ministro degli interni Walter Chidhakwa ha rivelato che ci vorranno circa due miliardi dollari per realizzare la struttura. Un esborso che, ad ogni modo, potrà essere largamente coperto dai guadagni futuri generati dall’estrazione del platino, creando magari una sinergia tra il governo stesso e gli investitori per ammortizzare le spese, almeno nel breve periodo.

Una soluzione che farebbe tutti felici, visto che lo Zimbabwe ha la seconda maggiore riserva nota al mondo di platino dopo il Sud Africa.

La manovra del governo si è resa necessaria per modificare la situazione vigente, visto che la maggior parte delle imprese minerarie estrae il platino grezzo e lo invia al di fuori del confini nazionali per la lavorazione, lasciando allo Stato solo piccoli margini di profitto.

Secondo la Camera delle Miniere, lo Zimbabwe ha prodotto 350 mila once di platino raffinato nel 2012, pari al 6% della produzione mondiale. Le principali aziende che operano nel paese sono l’Impala Platinum Holdings Ltd., l’Aquarius Platinum Ltd. e la anglo-americano Platinum.

Inizialmente le multinazionali si erano tirate indietro sostenendo che il progetto non era praticabile, in quanto la soglia minima di estrazione necessaria per coprire i costi sarebbe di circa 500.000 once, un target ben lontano dalle cifre “ufficiali” dello Zimbabwe. L’affare alla fine si farà, anche perché lo stesso Presidente Mugabe ha dichiarato che, d’ora in avanti, tutte le esportazioni in oro saranno controllate e vendute ad acquirenti dichiarati, per evitare il contrabbando fuori dal paese che andrebbe ad inficiare anche i quantitativi reali della produzione.


http://www.informazionidoro.com/ultime- ... babwe.html

Intervista su oro, moneta e futuro (inglese)

MessaggioInviato: 01/01/2014, 19:13
da domenico.damico
Un interessante intervista (in inglese) su oro, moneta e futuro del mondo.
Il punto di vista di un trader professionista, specialista in oro, a mio parere molto realistico sotto alcuni punti di vista;
come anche nei punti di vista 'austriaci', anche qui non sembrano essere contemplabili sistemi monetari alternativi alla dicotomia oro/debito bancario.

http://goldswitzerland.com/gold-reflect ... per-money/

TRADING AUTOMATICO E PREZZO DELL'ORO

MessaggioInviato: 09/04/2014, 19:32
da domenico.damico
In questo pezzo pubblicato da Lars Schall JS KIM spiega come i sistemi HFT, quelli di trading automatico fatto dai super computer,
modificano i prezzi dell'oro e dell'argento, piegandoli alle volontà degli istituti bancari più grandi.
Tutto questo nel silenzio più totale di tutti gli organi di stampa.
L'articolo è in inglese; con google tranlate si può provare a capirne il senso generale.

http://www.larsschall.com/2014/04/09/ba ... er-prices/

DOSSIER ORO, PLATINO, ARGENTO...

MessaggioInviato: 31/12/2014, 11:13
da domenico.damico
Oro, Pechino e Mosca tentate dall’idea di una moneta “ancorata” al lingotto

Cina e Russia hanno accantonato entrambe oltre 1000 tonnellate di metallo giallo. E, secondo alcuni analisti, in futuro proporranno di utilizzare per gli scambi commerciali una valuta che lo utilizzi come "collaterale". Intanto anche la Germania ha iniziato a riportare in patria riserve auree detenute all'estero

Da mesi le quotazioni dell’oro sonnecchiano a ridosso dei 1.200 dollari l’oncia, relativamente insensibili agli scossoni che hanno interessato i mercati. La calma che avvolge il metallo giallo potrebbe però essere solo apparente. Diverse banche centrali si stanno infatti dando un gran da fare per recuperare o accumulare lingotti. Movimenti che autorizzano addirittura a profetizzare il ritorno sul mercato di una valuta in qualche modo ancorata al metallo giallo. L’attività più frenetica è quella di Pechino. L’ultimo dato ufficiale sulle riserve cinesi risale al 2009 quanto le autorità dichiararono di possedere 1.054 tonnellate in lingotti, il doppio rispetto alla precedente comunicazione governativa del 2004. Il controvalore di queste riserve ai prezzi attuali è di circa 50 miliardi di dollari. Nel frattempo il gigante asiatico è diventato il primo produttore di oro a livello globale con una quota di oltre il 14% del totale, vale a dire circa 400 tonnellate sulle 3mila estratte ogni anno. Gli addetti ai lavori segnalano però come neppure un’oncia di questo oro lasci il Paese. Anzi, attraverso la porta di Hong Kong continuano ad affluire grossi quantitativi di metallo giallo. La produzione nazionale e l’import non finiscono solo in riserve, ma è molto probabile che la reale entità delle disponibilità cinesi si sia comunque molto accresciuta rispetto al dato del 2009.

continua:

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12 ... o/1303569/