A parte i complimenti per il merito, spero mi sia perdonato lo scarso entusiasmo; anche perché andrò a declinare PROPRIO il (mio) concetto di merito.
Questo è forse uno dei post più significativi e importanti, perché estremamente coerente con tutto un paradigma che permea le sovrastrutture, le strutture, fino ai pensieri intimi e automatici di tutti noi.
In questo senso il merito è ancora più alto e quindi merita RICONOSCIMENTI.
Il senso del rispetto delle regole è un sentimento molto personale, e nello stesso tempo estremamente concreto, sia quando si traduce nella pedissequa conformità alla lettera/norma/imposizione/convenzione del momento, sia quando si traduce nel sacro e semplice rispetto del nostro simile.
Le REGOLE d’altra parte possono essere le più strambe o le più crudeli; immaginiamo il quadro di REGOLE all’interno di un lager nazista, oppure le REGOLE di Cosa Nostra, oppure le REGOLE di una società schiavista: REGOLE e un qualche tipo di merito nel rispettarle, non fosse altro che in alcuni di questi contesti/esempi il rispetto delle regole vuol dire SOPRAVVIVENZA. A quelle REGOLE si unisce – ma è evidente solo per chi osserva da fuori – un disprezzo implicito verso l’essere umano, verso il nostro simile, verso la vita.
Per restare nell’ultimo esempio delle società schiaviste, non credo fossero tanto diverse le argomentazioni usate per convincere: i “bravi” dettavano le regole e nel contempo impiantavano nel quadro normativo e nel cervello degli “altri” l’etica del seguire le LORO regole, nel nome del “bene comune”.
Un esempio ancora più banale: il criceto che fa girare la ruota e il criceto pigro che se ne sta in disparte. La REGOLA (del padrone sadico) è: più la ruota gira più dentro la gabbia entrerà del cibo. Ma il topo pigro casualmente è anche GROSSO e quando il cibo entra nella gabbia egli è il primo ad avventarsi; quello che faceva girare la ruota è pure stanco, poverino. Alla fine moriranno entrambi i criceti: uno perché grasso e sfatto e l’altro per inedia e per troppa fatica. Il padrone (sadico) si sarà divertito un mondo, butterà via i due cadaverini e comprerà altri due esemplari, per ricominciare il suo giochetto.
Illuminante – su questa falsariga – un articolo di Walter Siti, in merito a un esperimento monetario fatto con un gruppo di scimmie in gabbia: le considerazioni finali sono una perla.
Leggetelo:
http://www.ilfoglio.it/soloqui/9047Per tornare al merito e al rispetto delle regole: non è quindi un caso che quei grafici e quei numeri, quelle PAGELLE dei buoni e dei cattivi, coincidano con il quadro di indebitamento; chi segue le regole dei “bravi” (fate voi se il senso di quella parola possa essere quello che gli dava Manzoni) è forse un utile idiota, che vive nell’illusione che facendo per bene il compitino, avrà per sempre garantita la sua bella vita tranquilla, che egli sente di meritare e non si sente mai in dovere di mettere in discussione. Segue le REGOLE e segue (in apparenza e senza astrarsi dal contesto) anche la regola del rispetto del suo simile: ma è solo una parte di verità; egli in realtà non vede fino a dove arriva il rispetto di quest’ultima regola, perché non vede (o non vuole vedere) il collegamento tra il suo benessere e la devastazione in altri posti in termini di inquinamento, fame, morte di suoi simili.
Ho vissuto, studiato e lavorato in Finlandia, conosco un po’ di quel modello di società e gli scandinavi. Hanno tantissimi meriti: onestà, laboriosità, efficienza, in un certo senso anche reciprocità; ma è un mondo estremamente individualistico, autoreferenziale, consumistico e secondo me privo di reale capacità di autocritica. C’è un elevatissimo tasso di alcolismo e di suicidi, per esempio. Per semplificare, condizioni (specie climatiche) così particolari da rendere velleitario ogni tentativo di imitazione. Parlare poi di Norvegia (petrolio), UK (sistema finanziario), Svizzera (sistema bancario), capite bene che è un non-senso: modelli così legati a privilegi da capo-branco che è come parlare della bontà del padrone. Distorsioni troppo grandi per non essere viste. E’ come parlare del Qatar, dove tutti si fanno alla grande i propri affari, rispettando le LORO regolette, con il PIL pro capite più alto del mondo, e un mare di privilegi sotto il culo.
Infine c’è il discorso del lungo periodo: la variabile tempo così trascurata, a cominciare da J.M. Keynes che diceva che nel lungo periodo siamo tutti morti. Ma nel lungo periodo è vero anche che tutti i nodi vengono al pettine.
E i nodi sono diventati grandi, perché mai sciolti, sempre rimandati ed evitati semplicemente e selettivamente allargando la maglia del pettine.
Ma il tempo sembra essere arrivato. E probabilmente non sarà galantuomo con nessuno.
Finiscono le materie prime a costo simil-zero, finiscono le finzioni di dittatorelli fantoccio, si scoprono le carte e le guerre di conquista e predazione del padrone diventano sfacciate; e soprattutto il debito si avvita su sé stesso, fino a generare crisi sistemiche che mettono in discussione anche i privilegi di chi si è “comportato bene”, di chi ha seguito LE REGOLE.
Che significato reale possono avere quei grafici a due dimensioni in un mondo che di dimensioni spazio-temporali ne ha n+1 ? Qual è la differenza tra quei pomposi bilanci e il libricino del cravattaro del paesino o del quartiere? Il facile giudizio in base a quei numeri sembra un esercizio di riduzione all’assurdo, numeri creati ed elaborati alla bisogna da chi gestisce con vivissimo interesse tutta la questione; scade poi nel becero giudizio morale se paragonato addirittura a un “rispetto delle REGOLE” che sembra più una favola che una cosa seria, appena ci si astrae un filino dal nostro quadro di riferimento.
Il debito ha una storia che affonda le radici fino dentro l’alba dell’umanità, ed è una storia di sofferenze, di morte, di predazioni, di privazioni etc; anche di conquiste, ovviamente, ma a costi pesantemente sproporzionati e con distribuzioni di oneri e onori senza alcuna giustizia.
Il libro di David Graeber è illuminante in questo senso. Ve lo consiglio vivamente.
http://books.google.it/books?id=J72CTah ... CDEQ6AEwAAQUESTO debito (cioè il debito come è fatto ora) però è una cosa diversa e perversa; è uno scatto oltre l’immaginabile, è un salto nel buio di menti raffinatissime (per dirla alla Falcone) e allo stesso tempo stupidamente furbe, che tutti abbiamo colpevolmente seguito, conformandoci al loro stupido e autoreferenziale quadro di REGOLE; non capirlo è un atto di pigrizia mentale e di cecità cognitiva non (più) giustificabile, specie quando gli elementi di realtà e razionalità indicano chiaramente il senso di tutto.
Il rispetto delle REGOLE del debito sembra quindi configurarsi come implicita violazione della regola etica che dovrebbe essere alla base di ogni comportamento umano: il rispetto del proprio simile e del sacro valore della vita.
Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì.
I quali si chiederanno cosa non viene apprezzato del loro ottimismo.
Ennio Flaiano