"Salva Italia"

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Mediobanca: default Italia

Messaggioda domenico.damico » 04/09/2013, 11:17

Italia, rischio default nei prossimi sei mesi. L'allarme di Mediobanca

L'Italia ha sei mesi di tempo per evitare di dovere bussare alla porta dell'Europa e chiedere un piano di salvataggio. L'allarme arriva da un rapporto di Mediobanca securities, citato oggi da Stefano Feltri sul Fatto Quotidiano. Secondo la controllata londinese della banca, il Paese deve al più presto ritrovare la via della crescita servendosi delle riforme varate dal governo Monti, altrimenti l'aggravarsi della crisi, scrive l'analista Antonio Guglielmi, "potrebbe costringere il Paese alla richiesta di salvataggio".

Secondo il report la situazione è persino "peggiore" a quella del 1992 anche perchè l'Italia "non può più contare sulla leva della svalutazione".

Il rapporto di Guglielmi sottolinea un fenomeno inquietante: di recente sul mercato in vari momenti (anche ieri) il rendimento dei Btp ha superato quello dei Bot di pari durata. Perché i mercati chiedono un interesse più basso per un Bot che dovrà essere rimborsato tra sei mesi rispetto a un btp ventennale emesso 19 anni e sei mesi fa? "Questa differenza di rendimento non ha alcuna ragione di esistere a meno che i mercati non stiano facendo differenza tra i bond a rischio ristrutturazione (Btp) e quelli non soggetti a ristrutturazione (Bot e strumenti di mercato monetario)". Traduzione: gli investitori si aspettano che nei prossimi sei mesi l'Italia possa dichiarare una parziale bancarotta sul suo debito.
I rimedi. Per invertire la rotta, e dare una sforbiciata pesante agli oltre 2000 miliardi di debito pubblico, il report valuta si possano reperire fino a 75 miliardi "senza danneggiare i consumi". Da un innalzamento delle aliquote sulle rendite finanziarie, con esclusione dei titoli di Stato, a un prelievo una tantum al 10 per cento più ricco della popolazione - con un patrimonio superiore a 1,3 milioni di euro, da cui si potrebbe ottenere, secondo Guglielmi, fino a 43 miliardi di euro. Altri 20 miliardi potrebbero essere recuperati dai capitali nascosti in svizzera. Due miliardi, infine, da un condono edilizio.

Tempi stretti. Una sorta di ultimatum, quello lanciato dal report, che arriva mentre il governo si appresta a rinviare proprio in autunno tutte le principali inizative economiche, dal blocco dell'innalzamento dell'iva, alla rimodulazione dell'Iva, fino a una più incisiva riforma del mercato del lavoro, per la quale il ministro Giovannini non è riuscito a reperire le risorse già a giugno. Il tutto, mentre la cornice europea e mondiale rischia di infuocarsi. Dalla nuova esplosione della crisi greca (e anche da Cipro nei giorni scorsi sono suonati diversi campanelli di allarme), alla possibile chiusura progressiva dei rubinietti della Federal Reserve, annunciata tre giorni fa da Ben Bernanke. Segnali di incertezza e preoccupazione che potrebbero impattare direttamente sullo spread. Ecco perchè la politica del "ne riparliamo" messa in atto dal governo Letta, fra qualche mese, potrebbe presto diventare carta straccia. Perché tra qualche mesi potremmo avere altro di cui parlare.

Fonte: http://www.huffingtonpost.it/2013/06/22 ... _ref=italy
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Default Italia 2

Messaggioda domenico.damico » 04/09/2013, 11:20

Che notiziona... i saldi attirano i compratori...

Rapporto Mediobanca sul default Italia: se i governi sono ostaggio dei mercati arrivano gli avvoltoi

“Italy on sale”: oggi è peggio del 92. Allora si svendette solo l’industria di Stato, magari ad altri italiani indebitati, con le banche angloamericane che lucravano sugli invisibles, gli interessi pagati dalle imprese comprate a debito dai nuovi capitalisti e le ricche provvigioni. Serviva a salvare l’Italia dalla bancarotta: la solita scusa per depredarla facendosi pure ringraziare.

Dopo il papa straniero, quello laico che doveva salvare l’Italia dal baratro, e invece ce la ritroviamo dentro, è la volta degli avvoltoi. Chi li guarda volteggiare in aria non ha più dubbi: “L’Italia è in bancarotta. Rischia un default nei prossimi sei mesi!” Un titolone così fa sempre un grande effetto, soprattutto se si basa su un dossier riservato della più grande banca d’affari italiana, visto che le preoccupazioni sono espresse in un dossier riservato di Mediobanca Securities, la controllata londinese della capofila milanese che proprio in questi giorni ha deciso di abbandonare una strategia decennale, quella di essere il nume tutelare della galassia del nord, del capitalismo familiare italiano. Una ciliegia tira l’altra: tutto si tiene.

L’ultimo in ordine di tempo ad aver tagliato la giugulare all’economia italiana è stato il risanamento strutturale deciso dal Governo Monti. Sono i suoi stessi documenti previsionali che dimostrano come la cura sia stata sbagliata: al netto degli aiuti all’estero, secondo il Def presentato ad aprile del 2012, quest’anno il rapporto debito/pil sarebbe stato del 117,9%. Ad aprile scorso, come ultimo atto prima di lasciare Palazzo Chigi, la stima è stata aggiornata: siamo al 126,9%. Invece di diminuire rispetto all’anno precedente, è aumentato di nove punti. L’Italia è in ginocchio, tra tasse, tagli e credit crunch, visto che da maggio scorso il credito ai privati è diminuito di 51 miliardi. Siamo rosolati a dovere.

I modelli di business si adeguano ai tempi: per le grandi case d’affari ora è il tempo di comprare dai debitori in difficoltà. Fu così con i Paesi dell’est subito dopo la caduta del Muro, pieno di finti turisti pronti a fare affari: contanti in tasca e pacca sulla spalla. Arrivavano sapendo che avrebbero potuto portar via per pochi soldi intere collezioni di porcellane antiche, case con vista sul Danubio, ma soprattutto industrie da rimettere in sesto con l’apertura del mercato europeo, con i contributi della UE e salari da fame. Con i nostri soldi e licenziando i nostri operai, la povertà dell’est post-comunista è stata per anni l’Eldorado di banche e capitani d’industria.

A essere maligni, si potrebbe pensare che basta poco, non serve neppure soffiare sul fuoco: la Borsa di Istambul ha perso il 19% in un mese, mentre due giorni di proteste in Brasile sono bastati per mettere i capitali in fuga. Un Paese indebolito è costretto a svendere, dalle aziende pubbliche alle reti di comunicazioni: il caso della Grecia è di questi mesi.

Ora ci si accinge a fare dell’Italia un sol boccone di imprese e patrimonio immobiliare. Le imprese hanno i bilanci in rosso, e le famiglie sono in difficoltà con le rate dei mutui. Le banche devono sgravarsi delle sofferenze: pazienza per le nuove perdite, che si chiede allo Stato di dedurre in unica soluzione per pagare meno tasse. Si vende tutto al 20% del valore di libro: comprano i ristrutturatori. Le aziende e le case andranno all’asta, per un tozzo di pane: in fumo i sacrifici di una vita. Quando i prezzi saliranno, il ristrutturatore si troverà un bel guadagno: è solo questione di tempo.

Servono, quindi, soldi liquidi per comprare a sconto dalle stesse banche i debiti incagliati, intere aziende, centri commerciali, immobili di ogni tipo: forse è per questo che si cambia modello di business, si dichiara al mondo che è una inutile perdita di tempo stare appresso ai patti di sindacato, con i soci sussiegosi che magari chiedono di ripianare le perdite con nuovo credito ed altro capitale. Bisogna vendere le partecipazioni e mettersi in caccia. Un dossier in contemporanea sulla situazione disastrata delle finanze pubbliche italiane ci sta tutto, tanto il rischio di default è prezzato quotidianamente con i Cds.

Facciamo due conti: su un mutuo al tasso del 5%, il capitale raddoppia in quindici anni. Comprare un’immobile al 20% del prezzo dell’ipoteca è un gioco da ragazzi: basta la crisi, una rata saltata e un’asta deserta. Fra tre anni, quando il mercato si riprenderà e si venderà all’80% del prezzo dell’ipoteca, il capitale sarà quadruplicato in un quinto del tempo.
C’è quando serve mettere il denaro per far comprare e quando toglierlo per costringere a venderle, ma le lacrime di chi perde la casa rendono più del sudore di chi la paga. Se i Governi sono ostaggio dei mercati, aleggiano gli avvoltoi.


http://www.huffingtonpost.it/2013/06/22 ... 82817.html
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Re: "Salva Italia"

Messaggioda Vito Zuccato » 04/09/2013, 13:02

Domanda:
con una moneta come l'euro, ovvero
1. forte relativamente alle altre e
2. non svalutabile/rivalutabile/pilotabile regionalmente
la svalutazione patrimoniale reale di privati e imprese sarebbe superiore, uguale o inferiore a quella GIÀ vista nel 1992, cioè quando la lira italiana subì un attacco speculativo, uscì dallo SME e subito dopo partì la corsa del Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi a privatizzare-svendere parte del patrimonio pubblico...?

A occhio sembrerebbe che con l'euro la svalutazione patrimoniale privata e pubblica causata dalla deflazione (o stagflazione?) monetaria in corso sia maggiore di quella causata dal vincolo esterno dello SME di 21 anni fa, che era tecnicamente e quantitativamente più blando rispetto all'attuale vincolo esterno dell'euro...
Quindi, a spanne, nonostante l'impossibilità (grazie alla denominazione in euro) di speculare sui patrimoni italiani per via monetaria come avvenne nel 1992 (cioè causando una svalutazione della lira del 30% sui mercati dei cambi), le svalutazioni patrimoniali avverrebbero ugualmente e come minimo nella stessa quantità reale del 1992 proprio a causa di una maggiore recessione economica dovuta alla maggiore deflazione (o stagflazione?) eurista.

In soldoni: si svalutano i patrimoni un po' alla volta anziché di colpo, ma il risultato non cambia/cambierebbe.
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