Banche

Questa sezione accoglie discussioni e segnalazioni su articoli usciti dai vari mezzi di informazione

Cartello di Banche manipola i tassi

Messaggioda domenico.damico » 23/02/2012, 14:38

Dal blog BIMBO ALIENO:


Parole al vento: mercato manipolato… Eeeh vabbuò ià

Fonte: http://bimboalieno.altervista.org/?p=3377

London InterBank Offered Rate, per gli amici LIBOR.
Se invece viene misurato a Tokyo si chiama TIBOR.
La versione Europea si chiama EURIBOR.

Che cosa sono l’EURIBOR e gli altri?
Sono tassi di riferimento: esprimono il costo del denaro sul mercato interbancario in una determinata valuta per una certa durata, dall’overnight a un anno, ovvero -in pratica- quanto costa alle banche reperire denaro sui mercati.

Perché sono importanti?Sono un importante punto di riferimento per moltissime transazioni di mercato, complessivamente servono da parametro per transazioni nell’anno del valore complessivo di 360mila miliardi di dollari (360.000.000.000.000 $); ad esempio -come molti di voi sapranno- un contratto di mutuo spesso esprime il tasso nella formula EURIBOR+spread per esempio EURIBOR+1,5% ; significa che la banca propone un finanziamento per il quale tiene per se un margine di guadagno dell’1,5% oltre alla copertura dei costi che lei stessa sostiene (sto semplificando, eh, é solo per rendere l’idea).

Nel 2008 la forte sfiducia reciproca tra le banche provocò una anomalia mai riscontrata prima: mentre il tasso ufficiale di sconto veniva tagliato fino a zero dalla Fed e fino a 1% dalla BCE, i tassi interbancari stazionavano su livelli decisamente più alti. Oggi questo clima di sfiducia non é affatto risanato: i depositi presso la BCE ad esempio testimoniano che quelle banche che hanno liquidità in eccesso preferiscono depositarla alla banca centrale a tassi risibili piuttosto che prestarla ad altre banche, e perché tutto questo non si riflette in un euribor ed un libor su valori da allarme?

Perché il termometro non segnala lo stato febbrile, pur essendo il paziente affetto dal medesimo virus?

La risposta sembrava potesse essere che, essendo di fatto inutilizzato, l’euribor (o il libor) avesse un valore puramente figurativo, funzionalmente basso. Quello che sta emergendo negli ultimi giorni invece é che i tassi interbancari sarebbero stati manipolati in modo fraudolento da operatori di almeno sette grandi banche internazionali.

“The entire story is very embarrassing for the banks, I don’t know how they will eradicate this. The regulators have to rethink the way they set Libor”

Sono parole di Tom Kirchmaier, della London School of Economics. Bisogna insomma ripensare -per stare nella metafore di prima- a dove infilare il termometro…

La lista delle banche indagate? Con calma, prima vediamo di che si tratta: le regole vorrebbero ci fosse una divisione impermeabile fra le diverse aree delle banche che -ciascuna per la propria parte- contribuiscono alla formazione del valore dei tassi. Si é scoperto che -oltre agli ormai immancabili scambi di email a contenuto scottante- alcuni di questi operatori sedevano addirittura uno a fianco all’altro sullo stesso desk.

Chi si é preso in animo di procedere ad una indagine? La FSA (Financial Services Authority) inglese, in collaborazione con il Competition Bureau canadese e gli enti statunitensi: U.S. Securities and Exchange Commission (SEC), lo U.S. Commodity Futures Trading Commission ed il Dipartimento di Giustizia americano, la Commissione antitrust dell’Unione Europea ed il Japan Financial Supervisory Agency.

…Manca solo l’ispettore Zenigata…
E veniamo alla lista dei “cattivi” (le banche sotto indagine): JPMorgan Chase, Deutsche Bank, HSBC, Barclays, UBS, Bank of America e Citigroup

Ma perché mai manipolare al ribasso il tasso interbancario? Perché il costo del debito oggi é un elemento quanto mai rilevante, e con un euribor forzatamente basso tutte le obbligazioni circolanti che pagano cedole “euribor+spread” generano un basso onere ai loro emittenti. Insomma ci si arrangia, in questi tempi di debito difficile, facendo una forma di dumping. Ad oggi l’unica banca che ha abbozzato una reazione diversa dal “no comment” é la svizzera UBS che ha invocato sul tema il diritto all’immunità concessole sia dalla Swiss Competition Commission che dal Dipartimento di Giustizia americano. Ovvero, sembrerebbe di poter dire, alcuni enti regolatori della competitività e della Giustizia erano stati avvisati e hanno esplicitamente lasciato fare. o.O

Più o meno tutte hanno chiarito che in ogni caso si aspettano, nell’ipotesi di una colpevolezza, sanzioni amministrative per gli istituti e sanzioni penali solo per i trader che hanno operato la truffa: Scajolanamente diremmo “a loro insaputa” riferito a queste povere banche, incastrate dal cattivo comportamento dei loro trader.

Anzi, per portarsi avanti Ubs ha già sospeso alcuni dei propri trader sulla scia dell’inchiesta internazionale sulle possibili manipolazioni del Libor, come riporta il Financial Times. In seguito all’inchiesta, iniziata l’anno scorso e man mano allargatasi a vari istituti, vari trader di istituti come Royal Bank of Scotland, Deutsche Bank, JpMorgan Chase e Citigroup sono stati licenziati, sospesi o ricollocati in altra posizione.

Non aspettatevi sentenze prima del 2013, ergo: prendete buona nota di questo post, tornerà buono fra qualche mese quando scriveranno “incredibilmente solo oggi si scopre che…“



Comunicazioni rallentate
Fonte: http://bimboalieno.altervista.org/?p=3703#more-3703
Una settimana fa ho dedicato un post ad una indagine sulla manipolazione dei tassi interbancari da parte di un gruppo di banche d’affari. Sono stati necessari alcuni giorni, ma le acque hanno iniziato a muoversi su quel fronte: sperando di beneficiare del fatto di autodenunciarsi per prima la banca svizzera UBS ha confessato di aver preso parte ad attività di “cartello” in disprezzo delle normali regole del libero mercato nella formazione dei tassi interbancari (Libor, Tibor ed Euribor).

La scelta di UBS espone la banca a contestazioni dei clienti, ma sposta il mirino dei regolatori antitrust sugli altri indiziati. Già, perché la legge prevede delle tutele e delle attenuanti a chi per primo scioglie il “cartello” (mediamente uno sconto di pena del 30%), soprattutto se si tratta di temi che riguardano volumi enormi di transazioni: obbligazioni, mutui, derivati…

Vi ricordo la “lista dei cattivi” (le banche sotto indagine): JPMorgan Chase, Deutsche Bank, HSBC, Barclays, UBS, Bank of America e Citigroup

I danni per gli istituti che verranno riconosciuti colpevoli potrebbero essere enormi, considerando anche il possibile ricalcolo di migliaia di transazioni che risulterebbero essere state falsate. Il Libor, il Tibor e l’Euribor infatti, se comprovata la frode, sarebbero bugie, dati falsi. Il fatto é che le persone che ottengono profitti da dislalineanmenti dei valori di questi parametri sono coloro che hanno la possibilità di creare questi dsallieamenti. E questo é oggettivamente un problema piuttosto serio…


Fonti internazionali:
http://www.business-standard.com/india/ ... be/465392/
http://newsandinsight.thomsonreuters.co ... -_sources/
http://www.risk.net/asia-risk/feature/2 ... -hit-banks
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I quali si chiederanno cosa non viene apprezzato del loro ottimismo.
Ennio Flaiano
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VITTIMISMO BANCARIO

Messaggioda domenico.damico » 15/03/2012, 14:54

CVD


Commissioni sui conti correnti, il governo interverrà per decreto
La misura con un provvedimento successivo al dl liberalizzazioni che aveva previsto la completa gratuità

MILANO - Il governo interverrà, con un successivo provvedimento, sulla misura del dl liberalizzazioni che prevede la gratuità dei conti correnti per i pensionati che percepiscono fino a 1.500 euro al mese. Lo ha detto il sottosegretario all'Economia Gianfranco Polillo alla Camera sottolineando come la misura sia un danno per le banche.

LA REPLICA DELL'ABI - Per risolvere il nodo delle commissioni bancarie nel decreto liberalizzazioni «si intravedono delle possibili soluzioni», invece ha affermato il vicepresidente dell'Abi, Antonio Patuelli, dopo gli incontri fra l'associazione bancaria e i leader della maggioranza (Pdl, Pd e Udc). «Ci sono diverse soluzioni a breve - ha detto Patuelli - confidiamo nel dialogo tra Parlamento e Governo». «C'è sensibilità da parte delle forze politiche. Abbiamo trovato una sensibilità non solo per il caso in questione, ma anche la massima apertura a un dialogo più costruttivo». «Stamattina - ha concluso Patuelli - abbiamo verificato una sensibilità e atteggiamenti comuni a che non vengano complicate le regole alle banche, regole che non esistono in nessuna parte d'Europa». «L'emendamento - ha rincarato Patuelli - è anche privo di copertura, perché abolire le commissioni bancarie significa incidere sul gettito dello Stato» in maniera indiretta.

15 marzo 2012 | 14:31

Fonte: http://www.corriere.it/economia/12_marz ... 1954.shtml


Questa questione è tutto fumo negli occhi; prima parte il PD con l'emendamento, poi l'ABI con le dimissioni in massa, poi le preghiere bipartisan di far rientrare le dimissioni, adesso il governo con il decreto.
Ma quanti pensionati hanno il c/c bancario?
Una grandissima fetta hanno il c/c alle Poste in realtà, dove fino alla cifra di 1000 euro quasi tutti ritirano la pensione in contanti; forse per Poste spa il c/c gratuito potrebbe essere un danno sostanziale, al limite.
Un circo mediatico attivato per nulla e con l'effetto (secondario o voluto?) di far passare le banche come vessate e maltrattate dal questo Governo.

Vediamo come andrà avanti questo teatrino.
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Re: Banche

Messaggioda domenico.damico » 19/03/2012, 15:52

CONTINUA IL TEATRINO...


Caos sui conti correnti gratis. De Vincenti smentisce Polillo.
Poi il premier Monti conferma la misura



Botta e risposta, affermazioni e smentite nel Governo, tra due sottosegretari - uno allo Sviluppo, l'altro all'Economia - sui conti correnti gratis per i pensionati che percepiscono fino a 1.500 euro al mese. Il tutto avviene nel giro di poche ore. Alla fine interviene il premier Mario Monti che, in un'audizione alla Camera, fa un po' di chiarezza. La misura prevista dal decreto liberalizzazioni «non è in discussione». Monti aggiunge che è necessaria una tempestiva approvazione del Dl e conferma quanto affermato in giornata da Claudio De Vincenti.

Il sottosegretario allo Sviluppo ha infatti smentito il suo collega all'Economia Gianfranco Polillo, che, intervenuto ieri in Commissione Bilancio alla Camera, a sua volta aveva annunciato l'eliminazione della disposizione, parlando prima di un provvedimento ad hoc, salvo poi tornare oggi sulla questione e spiegare che l'eliminazione della misura per i pensionati passerà o per il decreto fiscale o per quello semplificazioni. Vincenti ha replicato: vale ciò che il Parlamento ha deciso.

De Vincenti: dal Governo parere positivo, la misura non si tocca
All'inizio dei lavori della Commissione finanze e attività produttive della Camera diversi parlamentari hanno chiesto chiarimenti a De Vincenti sulle parole di Polillo in Commissione Bilancio. «Sulla norma sui conti correnti - ha replicato il sottosegretario - assolutamente il Governo ha dato parere positivo. Di ciò che riporta un lancio d'agenzia non ci importa nulla». Incalzato da altri deputati, il sottosegretario ha ribadito: «Vale ciò che il Parlamento ha deciso».

Polillo: arriveranno modifiche tramite un provvedimento ad hoc
Oggi Polillo, a margine dei lavori su dl liberalizzazioni, ha chiarito che la modifica alla norma del decreto che elimina le commissioni bancarie sulle linee di credito potrebbe finire o nel decreto fiscale o in quello sulle semplificazioni già approvato dalla Camera. Ieri, durante la riunione di ieri della commissione Bilancio della Camera, il sottosegretario all'Economia aveva confermato l'ipotesi di un intervento sulle norme che hanno provocato le dimissioni dei vertici dell'Abi, non con un emendamento ai decreti attualmente all'esame del Parlamento ma con altro provvedimento. Polillo aveva anche ricordato, in quell'occasione, che queste misure - la gratuità dei conti correnti sotto i 1.500 euro mensili e la riduzione delle commissioni interbancarie - porterebbero «un notevole danno per le banche» e «potrebbero causare un'ulteriore stretta creditizia che si riverbererebbe inevitabilmente sulle imprese e le famiglie».


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... _PRN.shtml
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Re: Banche

Messaggioda domenico.damico » 19/03/2012, 17:32

SUI C/C GRATIS - APPROFONDIMENTO
di Domenico D'Amico

Le banche dicono di subire, per questa storia del c/c gratis, un danno da 1 mld €, considerando questi numeri:

Ad essere interessate da questa novità sono alcune centinaia di migliaia di persone. Solo l'Inps ha infatti spedito a gennaio 450 mila lettere ai suoi pensionati coinvolti dal cambiamento, per avvertirli di ciò che stava per entrare in vigore. E l'istituto nazionale è il maggiore ente di previdenza italiano, ma non è l'unico. Sono 850 mila i pensionati non bancarizzati del nostro paese. Altri 9 milioni di persone ricevono l'accredito sul conto corrente bancario, 2 milioni sul Banco Posta e 4,7 milioni sul libretto postale.

Fonte: http://www.ilmessaggero.it/articolo.php ... OMIA&ssez=

Innanzitutto quegli 850mila personati, che finora andavano a ritirare in contanti la pensione e che ora la verseranno in un c/c: facendo un rapido conto (850mila nuovi c/c da circa 10mila euro ciascuno) vorrà dire avere nei bilanci bancari fino a 8,5 mld di euro (movimentati) in più ogni anno.
Un bel regalo, no? E' come ricevere un prestito a basso tasso d'interesse, visto il rendimento dei c/c, sul quale operare una leva non da poco.

Come dicevo sopra il danno maggiore sarà per Poste spa ---> 2 mln di correntisti e 4,7 con libretto postale
(e potrebbe succedere che molti di questi, visto che il c/c bancario sarà gratuito, lascino poste spa per andare in banca...)

Sui 9 milioni di pensionati:

- togliamo gli 850mila nuovi entranti, e quelli che, pensionati al di sotto dei 1000 euro, pur non costretti dalla legge, apriranno un c/c bancario aproffittando della sua gratuità;
- diciamo che alcuni altri usano il c/c anche per altri motivi, e quindi pagano comunque le commissioni;
- diciamo che alcuni usano c/c online o di banche straniere;

e ipotizziamo quindi un "danno" in termini di c/c gratuiti attorno ai 6 mln (di persone/conti correnti).
(dato più che realistico, considerando anche i dati istat - http://www.istat.it/it/archivio/48729 - : le tabelle indicano in circa 15 mln le persone con pensione da 0 a 1500 euro mensili: tolti i 2mln +4,7mln delle poste e gli 850 mila non bancarizzati, si scende a 7,5 mln di persone, dalle quali togliamo le varie eccezioni di cui sopra)

Il mancato introito (considerando l'ENORME costo dei c/c italiani di circa 100 euro l'anno, unico caso in Europa rispetto a costi prossimi allo zero in altri paesi) è di circa 600mln di euro; tolti almeno 400 mln di imposte e tasse, si arriva alla cifra di 200 mln di euro per TUTTO IL SETTORE BANCARIO ITALIANO.

200 mln di € (esagerando) di mancati guadagni a fronte di almeno 8,5 mld di nuova liquidità disponibile.
Guadagni, beninteso, calcolati su costi di tenuta dei c/c che sono totalmente fuori mercato, in Europa.
Ricordo che più di 10 anni fa, in trasferta in Finlandia, aprii un c/c con poche migliaia di marchi finlandesi (l'equivalente di 500-1000 euro) e che dopo qualche mese, quando lo chiusi, non solo non pagai, ma pagarono a me degli interessi.
Questo non per dire che i banchieri finlandesi siano buoni, o che in Finlandia non ci sia il problema della moneta debito... ma per far capire quale sia un parametro realistico di valutazione di questa vicenda e soprattutto per sottolineare che questa questione è un teatrino: siamo di fronte al "bullo" del paese che fa la voce grossa, al padrone che vuole far credere che sta facendo sacrifici, mentre è vero l'esatto contrario.
In Italia anche le vicende legate al mondo bancario e alla moneta-debito hanno delle sfaccettature tutte particolari e bizantine.

Ovvio che nessun quotidiano nazionale ha approfondito in maniera adeguata la vicenda, e tutti hanno spacciato per verità le veline distribuite dall'ABI, i cui vertici si sono dimessi in massa (ma solo per dimostrazione, poi tutti torneranno sulle loro calde sedie) per protestare e apparire vittime di una presunta azione governativa contro il mondo bancario.

Da "L'arte della guerra" di Sun Tzu:
...
- Per essere certo di conquistare la zona dove hai impegnato battaglia, attacca un punto che il nemico
non difende. Per essere certo di tenere ciò che difendi, attestati dove il nemico non può attaccare

...
- L’attacco migliore è quello che non fa capire dove difendersi. La difesa migliore è quella che non fa
capire dove attaccare.

...
- Se invece voglio evitare di ingaggiare battaglia, inganno il nemico con fattori di diversione. Così non
muoverà contro di me, neppure se gli indicassi la strada disegnata sul terreno.
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Le lacrime di JP Morgan

Messaggioda domenico.damico » 12/05/2012, 21:06


JP Morgan annuncia buco di due miliardi: torna l'allarme derivati

di Marco Valsania e all'interno Morya Longo

Uno «schiaffo» da due miliardi di dollari a JP Morgan e al suo amministratore delegato James Dimon, finora celebrato come il nuovo re di Wall Street. E un boccone amaro anche per tutte le grandi banche americane, che hanno assicurato di aver migliorato enormemente la gestione del rischio e denuciano il pericolo di strette troppo severe nella regolamentazione.
Le scioccanti perdite rivelate giovedì notte dalla più grande banca americana nel trading di derivati, che potrebbero salire a tre miliardi nel clima di volatilità dei mercati, hanno scosso la finanza e la politica: hanno riaperto il dibattito sugli eccessi speculativi e i pericoli che seminino nuove crisi. Il colossale passo falso di JP Morgan – una super-scommessa sbagliata sul miglioramento della salute di un gruppo di aziende – ha scatenato tensioni in Borsa: JP Morgan, ha ceduto quasi il 10% per poi assestarsi a un calo dell'9,3 per cento. E la prima bocciatura arriva da Fitch, che ha tagliato la valutazione su JP Morgan ad «A+» da «AA-».
L'agenzia di rating ritiene i 2 miliardi di dollari di perdite «gestibili» ma evidenzia come la «magnitudine delle perdite» implichi una mancanza di liquidità e sollevi dubbi sull'appettito per il rischio e la supervisione della banca. E Moody's, che ha minacciato declassamenti di 17 banche globali per metà giugno, potrebbe calcare di più la mano sugli istituti americani. A Washington, intanto, si moltiplicano le richieste di accelerare le riforme del settore, a cominciare dalla Volcker Rule che colpisce il trading speculativo delle banche.
«È difficile sostenere oggi che le banche non abbiano bisogno di nuove norme per evitare azioni irresponsabili», ha detto il deputato Barney Frank, autore della legge Dodd-Frank. Il Senatore Carl Levin ha aggiunto che «le banche chiamano hedging scommesse rischiose che non dovrebbero mai fare». Scompiglio è filtrato anche tra le authority: la Sec ha avviato un esame del caso e il suo presidente Mary Schapiro ha affermato che tutti gli organismi di controllo sono «concentrati» su JP Morgan. La Fed, secondo gli operatori, potrebbe fermare i piani di dividendi e buyback azionari da parte degli istituti nonostante abbiano passato gli stress test.
JP Morgan, in realtà, può assorbire i costi immediati della debacle: solo nel primo trimestre ha intascato profiti per 5,4 miliardi. Dimon si è inoltre affrettato da giovedì sera, in una conference call, a offrire un mea culpa: ha negato che le riforme avrebbero impedito lo smacco e parlato piuttosto di «grossolani errori» nella strategia di hedging, di «cattiva esecuzione e supervisione». Il disastro d'immagine e gli interrogativi che solleva, però, sono più pesanti delle cifre. Anzitutto sulla trasparenza dei rischi e della loro gestione: alcune banche, ad esempio, potrebbero finire sotto osservazione per aver di recente aumentato l'esposizione a Paesi in difficoltà del Vecchio Continente.
Non sono, inoltre, solo le autorità americane a voler fare luce: la Fsa britannica si sta muovendo dopo che al centro della vicenda è emerso l'ufficio di Londra del Chief Investment Office della banca, l'oscura divisione paradossalmente incaricata della protezione dal rischio e guidata dalla 55enne Ina Drew, molto vicina a Dimon. Un suo trader, il francese Bruno Michel Iksil che in passato aveva generato guadagni da cento milioni l'anno, ha orchestrato le scommesse ora mostratesi fallimentari. Ha ammassato una posizione da cento miliardi in derivati, in particolare su un indice legato ai corporate default, il CDX.NA.IG.9, che comprende 121 grandi società nordamericane. Vendendo credit default swap, protezione, sull'indice ha puntato su un miglioramento delle condizioni per le aziende. Quando è accaduto il contrario, nelle ultime sei settimane sono scattate le perdite. Iksil era stato già in aprile battezzato dai media americani la London Whale, la Balena di Londra, per le dimensioni delle sue operazioni in grado di influenzare il mercato. Non tutta la finanza ha però perso con lui: accettando la scommessa di JP Morgan, puntando cioè contro la premessa di Iksil, una dozzina di hedge fund ha guadagnato 30 milioni ciascuno.


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/ ... d=AbyEtRbF
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Ancora Su JP Morgan

Messaggioda domenico.damico » 18/05/2012, 11:12


La vera storia del buco di JP Morgan

Dai tempi del crac del Long Term Capital Management sembra che anche i trader finiscano per sottovalutare i rischi, facendo danni enormi. Anche perché spesso riescono a influenzare le regole. Jamie Dimon siede nel consiglio della Fed di New York, che dovrebbe controllare le grandi banche. Come la sua

di Mario Seminerio | 17 maggio 2012

Non è ancora chiara la dinamica della enorme perdita, stimata parzialmente a due miliardi di dollari, prodottasi nella struttura londinese di JPMorgan nota come Chief Investment Office (CIO) tra la fine del primo trimestre e la precipitosa conferenza stampa convocata dal dominus della banca, Jamie Dimon, pochi giorni addietro. Le ipotesi sono diverse, tutte verosimili. Si è parlato (lo ha fatto lo stesso Dimon) di incaute operazioni di “copertura”, ma pare evidente che di copertura non si trattasse. Intanto, il CIO ha come missione istituzionale quella di impiegare ed ottimizzare le eccedenze di depositi sugli impieghi. In condizioni normali, dovrebbe trattarsi di impieghi temporanei, con alto turnover di posizioni e proprio per questo motivo a basso rischio e rendimento. Pare invece (il condizionale è e resterà d’obbligo ancora per molto tempo, in questa vicenda) che Dimon abbia dato un preciso mandato alla struttura in direzione di divenire un vero e proprio centro di profitto. Delle operazioni effettuate dal trader francese Bruno Iksil sotto il comando della responsabile del CIO, Ina Drew, si è ipotizzato potessero essere del basis trading, in cui è stata venduta protezione su un indice di credit default swap e si è venduto un paniere di obbligazioni societarie, per scommettere sul restringimento del differenziale tra i due spread. L’operazione pare aver coinvolto un capitale nozionale di 100 miliardi di dollari, il che indica un massiccio ricorso alla leva finanziaria, cioè al debito.

Ci sono poi ipotesi che possa essersi trattato di una sorta di calendar spread, in cui si vende protezione su un indice e se ne compra su un altro, di scadenza differente, per scommettere sulla inclinazione della curva di credito. Dal mese di marzo, inoltre, sappiamo che molti trader su derivati di credito avevano fatto giungere alla stampa specializzata il proprio malumore per un accumulo di posizioni da parte di Iksil che rischiava di alterare il mercato, e creare condizioni di potenziale cornering. Ma è un fatto che, quando si cerca di controllare un mercato acquisendone ampia parte, si finisce anche col modificarne profondamente le condizioni di liquidità, mettendo a grave rischio la possibilità di eseguire l’operazione di segno opposto (unwinding).

Ma queste sono cose risapute, sarebbe sconcertante dover scoprire che un trader esporto come Iksil (che ha circa quarant’anni) e la sua responsabile Drew (che è del 1956) ignorassero queste basilari norme di condotta del trading. Gli stessi modelli di controllo del rischio tendono infatti ad essere demoliti al verificarsi di alterazioni della liquidità dei mercati. E’ la regola eterna che ha messo in ginocchio molti brillanti rocket scientist quantitativi, a partire dai giorni del Long Term Capital Management, l’hedge fund dei premi Nobel nel cui consiglio di amministrazione sedevano Myron Scholes e Robert Merton, che nel 1998 cadde rovinosamente proprio perché cercò di eseguire arbitraggi statistici con alta leva finanziaria di fatto ignorando la variabile liquidità, e che fu salvato da un pool di investitori-creditori orchestrato dalla Fed di Alan Greenspan, che evitò anche il panico sui mercati iniettando liquidità, in quello che probabilmente fu il primo (e certamente il più eclatante) episodio di bailout di una entità too big to fail.

E proprio le apparenti similitudini, ed il fatto che quasi quindici anni siano passati invano, tra un tentativo di regolazione e l’altro, sono destinate a mettere sul banco degli imputati lo “smart guy” Dimon, l’uomo che era fin qui riuscito ad evitare una legislazione più occhiuta sull’attività delle banche globali, attivamente coadiuvato in questo dal fatto che Wall Street ha a libro paga un impressionante numero di congressmen, soprattutto tra le file Repubblicane.

Altro aspetto eclatante è il fatto che Dimon sieda nel consiglio di amministrazione della Fed di New York: quella che, guidata dall’attuale segretario al Tesoro, Timothy Geithner, ha gestito il salvataggio del sistema finanziario americano all’indomani del crack di Lehman. Qualcosa su cui riflettere, per l’abnorme conflitto d’interesse che ciò implica, e che mette a nudo la natura ormai scopertamente oligarchica ed autoreferenziale del capitalismo finanziario statunitense, quanto e più dei guasti ottenuti in passato con l’abrogazione del Glass-Steagall Act, che ha consentito alle banche commerciali di entrare nell’investment banking, o del Commodity Futures Modernization Act del 2000, che ha deregolamentato i derivati non quotati (over the counter, OTC).

Ed infatti qualche isolata voce comincia a farsi sentire: il senatore indipendente del Vermont, Bernie Sanders, che ha chiesto l’esclusione di Dimon dal board della Fed di New York, aggiungendo la propria flebile voce a quella della “bestia nera” di Wall Street, Elizabeth Warren, giurista e candidata Democratica al Senato in Massachusetts alle elezioni del prossimo novembre, già presidente del panel del Congresso preposto al monitoraggio delle applicazione dell’Emergency Economic Stabilization Act del 2008, la legge che ha gestito l’uscita del sistema finanziario americano dalla crisi del 2008. Elizabeth Warren era considerata la candidata naturale alla guida del Consumer Financial Protection Bureau, l’agenzia federale che avrebbe dovuto tutelare i risparmiatori, voluta da Obama ma finora affossata dall’ostruzionismo Repubblicano. Ma, anche prima di questo esito, l’ostilità di Tim Geithner (che è il referente del Big Money americano) aveva impedito ad Obama di designare la Warren alla guida dell’agenzia. Tutto si tiene.

La legge Dodd-Frank, che dovrebbe limitare gli eccessi della debordante “innovazione” finanziaria statunitense è nata morta, ma questo non lo scopriamo oggi. Le grandi banche riescono comunque ad aggirare lo spirito delle norme, pur salvaguardandone la lettera, proprio in virtù del carattere estremamente “liquido” dell’attività finanziaria, che poco e nulla si presa ad essere regolata. Ma potrebbe esserci un aspetto ancora più inquietante, nel ripetersi di vicende come questa: l’eccesso di presunzione di controllo e comprensione della propria operatività da parte dei vertici delle banche. Delle due, l’una: o Dimon ha deliberatamente mentito ai regolatore ed al pubblico settimane addietro, quando negava che vi fossero problemi al CIO londinese; oppure non sapeva, né lui né i suoi collaboratori, che la banca stesse assumendo un rischio di questa magnitudine. Nell’uno e nell’altro caso, c’è di che essere inquieti.


Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/05 ... an/231879/

ps:

giusto così, per completezza di informazione:

http://qn.quotidiano.net/esteri/2012/05 ... rgan.shtml
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Re: Banche

Messaggioda ChristianTambasco » 07/06/2012, 10:13

fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-06-02/deutsche-gioca-prestiti-081023.shtml?uuid=Abpn67lF


ma sì che ce frega, venghino venghino siori...
Deutsche gioca sui prestiti Bce
di Alessandro Plateroti, 02 giugno 2012

Per far irritare i tedeschi, basta accusarli di speculare sulla crisi dei Paesi periferici dell'euro: dalla cancelliera Angela Merkel ai vertici della Bundesbank, reazioni sdegnate e gesti di rabbia sono la risposta immediata a chi fa loro notare che più la crisi si trascina più i tassi tedeschi scendono, con enormi risparmi sul costo della raccolta e sul servizio del debito.
Certo, attribuire alla Germania un destabilizzante disegno occulto per guadagnare alle spalle dei «deboli» è forse eccessivo, ma sta di fatto che più peggiorano le condizioni di credito di Italia e Spagna più migliorano quelle della Bundesrepublik, i cui tassi di interesse sui Bund sono ormai prossimi allo zero.
Di questa situazione, ovviamente, beneficiano soprattutto le aziende e le banche tedesche, cha al contrario dei concorrenti italiani e spagnoli hanno la possibilità di rivolgersi al mercato dei capitali con un costo della raccolta davvero irrisorio: i bond corporate tedeschi pagano tassi di pochi punti percentuali. Senza contare che gli stessi istituti tedeschi hanno potuto attingere a piene mani anche dall'assegnazione illimitata di fondi della Bce all'1%: finanziamenti quasi-gratis che erano stati concepiti per aiutare le banche europee più in difficolta, insomma, sono finiti anche nelle casse di chi non ne aveva certamente bisogno. E proprio qui viene il problema.

Ieri abbiamo infatti appreso che la Bafin, la Consob tedesca, ha tentato di impedire a UniCredit di prendere in prestito miliardi di euro di liquidità dalla sua controllata in Germania. Nessuna legge impediva o impedisce a UniCredit una simile procedura - la banca italiana opera in Germania attraverso la rete di Hvb, che è a tutti gli effetti una banca tedesca - eppure la Bafin si è messa di traverso: raccogliendo denaro in Germania e poi trasferendolo in Italia, era la tesi dell'Authority, UniCredit metteva a repentaglio la sicurezza del risparmio tedesco. Il blitz della Bafin, fortunatamente, è stato bloccato dalla Banca d'Italia. Ma ciò che rende il fatto più paradossale e forse grottesco è che mentre l'authority tedesca dava lezioni agli italiani, proprio la più grande banca tedesca, Deutsche Bank, utilizzava le sue filiali italiane e spagnole per farsi prestare di nascosto soldi a tasso super-agevolato dalla Bce per poi trasferirli chissà dove. Un bel giochetto davvero, questo, della cui esistenza si è appreso soltanto grazie ai bilanci depositati dalle due «filiali disagiate», che nel complesso si sono fatte prestare dalla Bce circa 9 miliardi di euro rimborsabili in tre anni con tasso 1%. In particolare, Deutsche Bank Italia ha preso in prestito 3,5 miliardi di euro, mentre Deutsche Espanola ha messo in cassa 5,5 miliardi di euro. Dove sono finiti questi soldi? Sono rimasti in Italia e Spagna a beneficio dei clienti e delle imprese o sono tornati in Germania? Ovviamente, non lo sapremo mai: interpellata da Bloomberg in Germania, la Deutsche Bank si è rifiutata di fornire spiegazioni e commenti. Ma a rendere ancora più sgradevole la posizione tedesca non è l'arroganza, ma soprattutto la menzogna, la mistificazione dei fatti. In un incontro con gli analisti in 2 febbraio scorso, infatti, fu lo stesso amministratore delegato Joseph Ackermann ad affermare che la banca non avrebbe probabilmente fatto ricorso ai prestiti straordinari della Bce per evitare il rischio di «danni reputazionali», una tesi poi sostanzialmente ribadita il 26 aprile scorso dal direttore finanziario del gruppo bancario tedesco Stefan Krause: «Abbiamo preso una cifra piccola, davvero irrisoria - disse Krause agli analisti - per esigenze di cassa in Europa continentale». I casi sono due: o Spagna e Italia si sono spostate verso nord sulla cartina geografica, o i soldi presi in prestito nei due Paesi dell'Europa meridionale sono finiti altrove. Auf Wiedersehen Europa...
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Re: Banche

Messaggioda ChristianTambasco » 13/06/2012, 9:13

fonte http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2012-06-11/crediti-dubbi-pesano-italia-225142.shtml?uuid=AbDQHwqF


BTp e crediti dubbi pesano sull'Italia
di Morya Longo e Fabio Pavesi, 12 giugno 2012

Arriva il salvataggio per le banche spagnole, crollano come birilli quelle italiane. La speculazione non si è presa neppure un giorno di ferie: non appena Madrid ha annunciato l'arrivo (ancora da definire) di 100 miliardi per ricapitalizzare i suoi istituti, la Borsa ha iniziato a picchiare duro le banche più vicine. Cioè quelle italiane: in un giorno che avrebbe dovuto essere di sollievo, UniCredit ha perso l'8,81%, Intesa Sanpaolo il 5,92%, Montepaschi il 5,25%, Mediobanca il 5,64%. Eppure puntare il dito solo sulla speculazione è sbagliato. La verità è che, con la congiuntura in frenata, con crediti sempre più deteriorati e con i bilanci pieni zeppi di titoli di Stato, le banche italiane hanno ormai troppi punti deboli. I nodi sono arrivati al pettine.

Sofferenze e titoli di Stato
Sono in particolare due i nodi ritenuti critici dal mercato. Il primo è il peso dei titoli governativi in pancia alle banche italiane. Oggi BTp, BoT e CcT nei bilanci ammontano a 294 miliardi di euro. A fine novembre del 2011 il loro peso era solo di 209 miliardi. Con i soldi ricevuti dalla Bce, infatti, le banche si sono imbottite di 95 miliardi di titoli del Tesoro italiano, esponendo il proprio bilancio sempre più al rischio-Italia. Ormai detengono di fatto il 20% dei titoli di Stato domestici in circolazione sul mercato. L'operazione è servita a calmierare lo spread contro i titoli tedeschi, ma l'effetto è poi progressivamente svanito e ora gli istituti di credito sono considerati dal mercato dei succedanei del debito pubblico. Insomma: il raffreddore dello Stato diventa una polmonite per le banche.


La giornata di ieri lo dimostra. Gli economisti hanno calcolato che il salvataggio delle banche spagnole costerà caro alle casse pubbliche italiane: dato che Roma contribuisce a circa il 20% del fondo salva-Stati Efsf, se il salvataggio di Madrid arrivasse da questo fondo l'Italia aumenterebbe il suo debito pubblico. Citigroup calcola che, anche a causa della recessione, nel 2014 il rapporto tra debito e Pil potrebbe salire per l'Italia dall'attuale 121% al 137%. E questo, come detto, anche a causa del salvataggio della Spagna. È per questo che ieri, dopo la notizia del pacchetto a favore di Madrid, i BTp sono stati penalizzati.

Ed è per questo che, di riflesso, le banche italiane sono crollate in Borsa: per loro, che sono piene di titoli di Stato, ogni calo dei prezzi dei BTp si traduce in perdite potenziali in bilancio. Eppure la reazione del mercato, pur basata su giustificati motivi, può essere considerata esagerata. La gran parte delle banche ha infatti in bilancio titoli di Stato con scadenze molto brevi, contenute entro i tre anni. Questo mitiga il rischio-Italia. Solo Mps ha strutturalmente un portafoglio dove i titoli sopra i 10-15 anni rappresentano una percentuale rilevante. La fobia da BTp è insomma giustificata solo in questo caso.

Ma per le banche italiane il problema non nasce solo dai BTp. L'altro fronte caldo è quello delle sofferenze: si tratta di crediti di difficile recupero, che continuano ad aumentare a causa della recessione e che ormai gravano sui bilanci bancari per una cifra lorda di 109 miliardi. Si tratta del doppio rispetto al 2009. Quelle sofferenze significano accantonamenti e perdite future da conteggiare nei bilanci. In soldoni, secondo le stime di Barclays Capital, se questi crediti di dubbio recupero registrassero perdite per il 40% del loro valore, le prime quattro banche italiane brucerebbero qualcosa come 36 miliardi di euro. Per dare un'idea, 36 miliardi di future perdite valgono l'intera capitalizzazione di Borsa e un terzo del loro patrimonio complessivo.

Mal comune
In realtà tutti i sistemi bancari europei, non solo quello italiano, sono vulnerabili. AlixPartners recentemente ha stimato per esempio il costo del possibile crollo futuro del mercato immobiliare europeo. Ebbene: se ai valori immobiliari scendessero ad un livello considerato equo, ad essere penalizzate sarebbero soprattutto le banche francesi (che registrerebbero perdite per 140 miliardi) e inglesi (110 miliardi). In Italia, dato che il mercato immobiliare è meno sopravvalutato, le perdite potenziali in caso di frenata immobiliare sarebbero ben inferiori. Idem in Germania.

Ma, guardando i bilanci sotto un'altra angolatura, anche gli istituti tedeschi hanno i loro problemi: un'eccesso di leva finanziaria e bilanci ancora pieni di titoli cosiddetti "tossici". Secondo le ultime analisti di R&S Mediobanca (aggiornate a giugno 2011) gli istituti che ancora devono smaltire quelle obbligazioni illiquide legate a mutui sono quelli inglesi, tedeschi e svizzeri. Credit Suisse a giugno aveva 37miliardi di euro di titoli "tossici": pari al 111% del patrimonio netto. Abbastanza esposta anche la tedesca Deutsche Bank: sebbene oggi abbia la metà dei titoli "tossici" del 2008, ne ha in bilancio comunque 45 miliardi. Cifra pari all'88% del patrimonio netto. Le banche italiane e spagnole, invece, hanno cifre risibili.
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Banche e regole non rispettate

Messaggioda domenico.damico » 29/06/2012, 15:31


Le regole e l'impunità
di Alessandro Plateroti


Davanti all'ennesimo scandalo che coinvolge la grande finanza anglosassone, non può non tornare in mente l'immagine dei grandi banchieri mentre giurano di dire «la verità, tutta la verità, niente altro che la verità» davanti al Parlamento Usa dopo il crollo dei mutui subprime e il crack Lehman. 4 anni dopo, quello scandalo non ha ancora colpevoli: nuove leggi sono state fatte, ma nessun banchiere è mai stato condannato per aver messo in piedi la più grande manipolazione del mercato dei mutui e provocato il più lungo e devastante perido di crisi finanziaria ed economica che la storia ricordi.

Impuniti, e persino premiati: i bonus dei banchieri, a Londra come a New York, sono continuati a crescere anno dopo anno, malgrado i salvataggi di Stato e le centinaia di miliardi di dollari e di euro di risorse pubbliche spesi per stabilizzare i più grandi istituti di credito del pianeta. Ora la storia si ripete: Barclays, ma anche Citigroup, Hsbc, JP Morgan Chase (quella che sta perdendo 9 miliardi in scommmesse sballate sui derivati), Lloyd's e Rbs, sono sotto inchiesta per aver manipolato il mercato i tassi di interesse applicati ai prestiti alle famiglie e finanziamenti alle imprese. La truffa sarebbe andata avanti per 4 anni: mentre chiedevano aiuto agli Stati dichiarandosi vittime dei subprime, le banche truffavano insomma risparmiatori e imprese per guadagnare di più. Anche stavolta usciranno impunite?


Fonte: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza- ... d=AbhbPvzF

COMMENTO:
Perché dovrebbe essere puniti, per aver fatto il proprio lavoro?

Son pagati per quello; la tavola rotonda decisiva durante il crollo di Lehman Brothers era una tavola rotonda fra:

- Governo Usa, rappresentato da Paulson - Ministro del Tesoro 2008 ed ex CEO Goldman Sachs;
- FED - Ben Bernanke - Capo Fed allora ed adesso;
- FED di New York - Timothy Geithner - ex capo Fed New York e attuale ministro del tesoro;
- i 9 CEO delle banche più grandi/importanti degli USA.

Come potrebbero punire se stessi?
Non sarebbe logico.

Il contesto europeo non è diverso.
Basta vedere chi dice cosa fare e da chi sono rappresentati i governi degli stati europei.
Poi qualche regola in più ci sarà e sarà anche rispettata, ma solo perché a un certo punto erano troppi galli a cantare,
e in generale questo, in qualsiasi sistema/organizzazione, non va mai bene.
E va ancora meno bene se l'obiettivo è "ottimizzare" per fare l'ennesimo salto di qualità.
Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì.
I quali si chiederanno cosa non viene apprezzato del loro ottimismo.
Ennio Flaiano
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BANCHIERI CATTIVO vs BANCHIERE "BUONO"

Messaggioda domenico.damico » 30/06/2012, 20:19


Lo scandalo dei tassi truccati dei mutui e il ruolo di Bob Diamond, mister 100 milioni
Londra ripudia i banchieri della City
«Cinici, manipolatori e strapagati»

L'atto d'accusa del governatore centrale Mervyn King contro le «Big Four»: Barclays, Royal Bank of Scotland, Hsbc e Lloyds

di Fabio Cavalera

LONDRA - I colossi della City ne hanno combinate di tutte i colori. Come se nulla fosse accaduto dal 2008 in poi, hanno continuato a scherzare coi tassi d'interesse e con nuovi sofisticati «giocattoli» finanziari a spese delle imprese e del lavoro, dimenticando di essere stati salvati dalla mano pubblica e dai contribuenti. Davvero troppo. Tanto che, anche il governatore della Banca d'Inghilterra, uomo prudente, è esploso in uno scatto d'ira.

Mai era accaduto che Mervyn King, il numero uno dell'istituto centrale, pronunciasse parole così pesanti all'indirizzo dei banchieri che governano Barclays, Royal Bank of Scotland, Hsbc e Lloyds, il sancta sanctorum del risparmio. Li ha accusati, in una conferenza pubblica, di «trattamento meschino dei clienti» e di «manipolazione fraudolenta» perché, usando la doppia leva dei prestiti e della contrattazione di alcuni derivati, hanno aggirato le regole della buona condotta. Sarà per via del fatto che è alla vigilia della pensione e che la prudenza può essere archiviata, però Mervyn King, e con lui la «Financial Services Authority», hanno lanciato un affondo che segnala quanto sia vicino alla rottura il rapporto fra la banca centrale e l'autorità di controllo da una parte e i vertici delle «big four», le quattro grandi banche della City.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la scoperta e l'ammissione che per una decina d'anni i trader dei maggiori istituti di credito hanno convinto i senior manager a taroccare i tassi Libor sui prestiti interbancari giornalieri e che, alzandosi o abbassandosi, ricadono in ultima istanza sulle contrattazioni di derivati (in particolare dei prodotti costruiti proprio sull'altalena degli interessi), poi sui costi dei contratti di mutuo e delle carte di credito. Aldilà dei difficili tecnicismi, la sostanza è che muovere i tassi Libor (acronimo per «London Interbank Offered Rate»), gonfiandoli o sgonfiandoli a comando, significa che si succhiano profitti su una torta globale di 500 trilioni di dollari. Un po' a me e un po' a te, c'è trippa per i trader (smascherati dalle email in cui si annunciano fiumi di champagne), per i capi e i supercapi. Se non è una truffa poco ci manca.

Lo scandalo tocca una ventina di banche ma il dito è puntato in modo particolare contro le «big four». E la ragione è semplice: Barclays si è detta pronta a pagare una multa di 291 milioni di sterline. Ma il Daily Telegraph allarga pure alla Royal Bank of Scotland e ai Lloyds. E il Guardian inserisce nella lista la Hsbc.

Insomma, un bel poker. Forse i colossi della City speravano di chiuderla lì. Invece la storia prende contorni diversi. Dal governo all'opposizione, il coro è che bisogna colpire i furfanti. Che poi nell'occhio del ciclone ci sia Bob Diamond, amministratore delegato di Barclays, non è per accanimento ma solo per la certificata certezza (con ammissione) che il suo istituto ha superato i limiti del buonsenso.

La guerra è così aperta. «Mister cento milioni», ovvero i cento milioni di dollari che gli furono riconosciuti come gratifiche quando era «semplice» responsabile del settore investment della Barclays e non ancora amministratore delegato, è stato invitato a togliere il disturbo. Le frasi del governatore Mervyn King sono una censura definitiva. Lui, però, non ci pensa affatto a dimettersi. Si limita ad annunciare che non intascherà i bonus previsti per il 2012.

Può permetterselo visto che nel 2011 fra retribuzione e premi raggranellò 25 milioni di sterline, compreso il conto di 5,7 milioni dovuto all'ufficio delle tasse ma saldato dalla stessa Barclays. Il «salario» base, un milione e 350 milioni di sterline, gli consente comunque di godersi le partite del Chelsea campione d'Europa di cui è tifosissimo.

Bob Diamond «è il volto non accettabile del sistema bancario», hanno sostenuto i suoi critici più accesi a cominciare da Lord Mandelson, ex numero due dei laburisti. Di certo non è l'unico principe della City sulla graticola. La compagnia è bene assortita. Solo che lui, Bob Diamond, ha un vizio che diventa virtù in certi ambienti: quella pretesa di avere sempre ragione sconfinante nella grassa supponenza. Per i suoi colleghi è una sorta di eroe.

Qualche mese fa si presentò ai parlamentari di Westminster. E li mise al tappeto: «Il tempo dei rimorsi per i banchieri è finito». Rivendicando, petto in fuori, libertà di manovra, di bonus e di traffici. «Banchieri da casinò» li ha bollati Vince Cable, liberaldemocratico ministro delle attività produttive. Il «mister Bank» di Mary Poppins era un povero dilettante della City.

Fonte: http://www.corriere.it/esteri/12_giugno ... 8547.shtml


COMMENTO:

Stesso filone del post precedente: "nuove regole di comportamento"; e tutti in piazza a lavare i panni sporchi, a mostrare la volontà di cambiamento.
Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì.
I quali si chiederanno cosa non viene apprezzato del loro ottimismo.
Ennio Flaiano
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