SIGNORAGGIO, IL PROBLEMA VERO E’ SAPERE COSA E’ LA MONETA

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SIGNORAGGIO, IL PROBLEMA VERO E’ SAPERE COSA E’ LA MONETA

Messaggioda ValerioRaiola » 15/05/2012, 18:00

Da http://www.lindipendenza.com/signoraggi ... e-private/
di MATTEO CORSINI

Ogni volta che leggo un articolo scritto da un signoraggista – come quello qui a lato di Vittore Vantini – noto alcuni passaggi che tendono a essere costanti: all’inizio c’è una ricostruzione più o meno dettagliata e più o meno corretta dell’attività delle prime banche di emissione; poi viene messo in evidenza il passaggio da sistemi in cui la moneta corrispondeva a una certa quantità di uno o più metalli preziosi agli attuali sistemi fiat. Dopodiché arriva, quasi inevitabilmente, la deviazione verso argomentazioni complottiste che finiscono, a mio parere, per far perdere completamente agli autori il contatto con la realtà e, di conseguenza, spingono gli stessi a individuare rimedi che, purtroppo, non sarebbero realmente tali. I signoraggisti individuano il problema non già nel sistema monetario fiat e nel principio della riserva frazionaria, bensì nel fatto che le banche centrali sono sovente società private, i cui azionisti sono prevalentemente altre banche. Questo da un lato consentirebbe alle banche centrali e ai loro azionisti di lucrare enormi profitti da signoraggio, dato che emettere moneta ha costi irrisori; dall’altro obbligherebbe gli Stati ad indebitarsi per ottenere la moneta con la quale coprire le spese pubbliche eccedenti il gettito fiscale. Gettito che non sarebbe neppure necessario se l’emissione di moneta fosse lasciata al popolo (suppongo che si intenda ai suoi rappresentanti, ossia allo Stato).

Credo che i signoraggisti potrebbero evitare di andare fuori strada se solo fossero meno ossessionati dal complottismo e si concentrassero un po’ di più su un punto di partenza ineludibile per ogni analisi sui sistemi monetari: la definizione di moneta. Non è di grande utilità, altrimenti, fare ricostruzioni storiche sull’attività delle banche commerciali e poi centrali e sul passaggio dal sistema aureo a moneta fiat. La moneta è un bene che funge da mezzo generale di scambio, ossia un bene che i soggetti che effettuano transazioni economiche utilizzano volontariamente in contropartita di altri beni o servizi. In altri termini, è un bene che può essere scambiato con qualsiasi altro bene o servizio e che i soggetti che effettuano transazioni economiche tendono ad acquisire non per fini di consumo o produzione, bensì per cederlo a fronte di altri beni o servizi in successive transazioni.

Ritengo fondamentale porre una certa enfasi sulla volontarietà dell’utilizzo di un determinato bene come mezzo generale di scambio, ossia come moneta. Volontarietà che è essenziale affinché non vi sia la violazione della proprietà di uno dei contraenti e che è realizzabile solo in un contesto di libero mercato. Per essere utilizzato volontariamente e generalmente come moneta, un bene deve avere alcune caratteristiche, le più importanti delle quali sono la non deperibilità e la stabilità del suo valore che altro non è se non il potere d’acquisto di altri beni o servizi. Proprio perché la moneta viene acquisita non necessariamente per un utilizzo immediato, è fondamentale che sia un bene non deperibile e che il suo potere d’acquisto sia il più possibile stabile. Se così non fosse, in un’economia di libero mercato quel bene verrebbe sostituito da un altro per fungere da moneta. E’ evidente, quindi, che la quantità di moneta non può essere potenzialmente illimitata, altrimenti vi sarebbe una continua perdita di potere d’acquisto. In altri termini, la moneta perderebbe una caratteristica che ogni bene economico deve avere e che nel caso della moneta è di fondamentale importanza: la scarsità (come è noto, se un bene non è scarso non può essere un bene economico).

Non è affatto casuale che l’oro sia stato utilizzato per secoli come moneta: oltre a essere non deperibile, ben si presta a essere coniato in monete o lingotti e la sua relativa scarsità ha reso il suo potere d’acquisto relativamente stabile (molto più stabile di quello che avrebbero avuto altri beni). Si noti che non fu affatto una necessità la statalizzazione della moneta e che non lo sarebbe a maggior ragione oggi. Non è necessario che sia lo Stato a certificare il contenuto aureo di una moneta. Neppure sarebbe di per sé un problema l’utilizzo di cartamoneta o di moneta elettronica, a patto che l’emissione di mezzi di pagamento fosse coperta al 100 per cento da oro (in un libero mercato nulla impedirebbe che lo standard diventasse un altro bene, ma per comodità in questa sede si può supporre che tornerebbe a essere usato l’oro).

Dovrebbe a questo punto essere abbastanza comprensibile quale sia il principale problema che ogni sistema monetario ha affrontato e che dal 1971 è diventata la regola: un’emissione di banconote e altri mezzi di pagamento in notevole eccesso rispetto alle riserve auree disponibili. E’ venuto meno il fondamentale requisito della scarsità, e non è affatto casuale che il potere d’acquisto delle monete sia stato sempre decrescente, a ritmi più o meno elevati, soprattutto da quando è stato abbandonato ogni legame con l’oro.

La formale indipendenza delle banche centrali e il conferimento a esse del monopolio di emissione di moneta è stato giustificato con la necessità di evitare che i governi stampassero troppo denaro per far fronte a spese sostanzialmente senza limiti. In effetti non è che le banche centrali abbiano usato con morigeratezza la stampante monetaria, ma dubito che se la stessa fosse rimasta (o tornasse) agli Stati le cose sarebbero andate meglio (o andrebbero meglio in futuro). Semmai il contrario. Va da sé che in un sistema soggetto a iperinflazione la moneta non verrebbe più utilizzata, se non mediante l’imposizione da parte dello Stato. Ma in un sistema nel quale venisse totalmente meno la fiducia da parte dei soggetti economici nella moneta si svilupperebbe in tempi non troppo lunghi un mercato clandestino in altre monete e, in ultima analisi, si giungerebbe all’implosione del sistema monetario ufficiale.

I singoraggisti, che sembrano non dare importanza alla necessaria non illimitatezza della quantità di moneta, dovrebbero spiegare (se qualcuno lo ha fatto, io non mi sono mai imbattuto nella lettura di tale spiegazione) come potrebbe funzionare un sistema fiat in cui l’emissione e la gestione della moneta torna interamente allo Stato. Ma lo stesso varrebbe se invece di un monopolio dello Stato si volesse una privatizzazione della moneta. Cosa che ogni fautore del libero mercato (me compreso) vorrebbe, ma che non potrebbe funzionare se per moneta si intende quella fiat. In sostanza, non si risolverebbe nulla se ognuno potesse stampare moneta fiat (fiduciaria). Semplicemente, nessuno vorrebbe la moneta offerta dagli altri in cambio dei propri beni o servizi. Per il semplice fatto che nessuno (salvo nei casi di donazione volontaria) vorrebbe scambiare beni o servizi ricevendo cartastraccia.

In definitiva, quella di potere tutti quanti ottenere qualcosa in cambio di nulla di vivere, cioè, senza fare alcuno sforzo non è altro che una illusione.

Per ottenere qualcosa in cambio di nulla occorre che qualcun altro sia disposto a fare un dono, oppure si deve rubare o rapinare. I doni sono di certo compatibili con la libertà di tutti, ma non mi pare che possa esistere un sistema economico basato sul dono. Furto e rapina, al contrario, non sono compatibili con la libertà di tutti e non credo siano criteri desiderabili per regolare i rapporti tra individui.

Credo, quindi, che il problema sia il sistema monetario fiat, non chi lo gestisce. In ogni caso, i signoraggisti tendono a fornire una versione imprecisa anche in merito alla forma giuridica delle banche centrali e ai benefici del signoraggio. Probabilmente li deluderò, ma i principali beneficiari del signoraggio sono ancora gli Stati. Le banche traggono beneficio dal sistema a riserva frazionaria e dal ruolo di prestatore di ultima istanza svolto dalle banche centrali (traggono, cioè, vantaggio dall’inflazione), ma non traggono sostanziali benefici diretti dalla proprietà formale delle banche centrali. I vertici delle banche centrali, anche quando formalmente private, sono nominati dai governi e la gran parte degli utili realizzati dalle stesse viene retrocessa allo Stato. Lo stesso singoraggio non è in realtà pari alla quantità di moneta emessa (considerando che è sostanzialmente nullo il costo di produzione). Per i singoraggisti, poi, la circostanza che la moneta sia oggi basata sul debito è un male, ma in un sistema fiat se non lo fosse sarebbe ancora peggio.

Nei sistemi monetari fiat la moneta è emessa prevalentemente a fronte dell’aumento di debiti e si contrae se si riducono i debiti. Contabilmente la moneta è una passività per le banche centrali; quando una banca centrale emette base monetaria lo fa a fronte dell’acquisto di titoli (tipicamente) di Stato. Un esempio concreto: se la Federal Reserve vuole aumentare la base monetaria, acquista sul mercato dei titoli di Stato. Supponiamo che acquisti 100 dollari di titoli. A questo punto ha una nuova passività per 100 dollari, e un’attività per 100 dollari di titoli di Stato. Sui quali percepisce interessi. Alla scadenza dei titoli di Stato, se non rinnova l’operazione l’attivo cala di 100 e il passivo cala di 100. Quindi il lucro sono gli interessi.

I signoraggisti ritengono che tutta la base monetaria che c’è nel sistema sia un utile netto per le banche centrali e, indirettamente, per chi le controlla. Sbagliano due volte. La prima, perché è vero che le banche centrali creano denaro dal nulla, ma col sistema che ho sinteticamente descritto sopra. La seconda, perché anche quando possedute da banche private, la gran parte dell’utile viene retrocessa allo Stato. E le banche private, pur essendo sovente proprietarie, non determinano la politica della banca centrale (quanto meno, non in virtù del loro status di proprietari).

Lo Stato, quindi, beneficia direttamente degli utili retrocessi dalla banca centrale, e indirettamente per via del fatto che l’aumento di base monetaria avviene prevalentemente a fronte dell’acquisto sul mercato di titoli di Stato, il che, a parità di altre condizioni, comporta una diminuzione del costo del debito pubblico.

I singoraggisti ritengono che se lo Stato emettesse direttamente moneta non dovrebbe indebitarsi, né tassare i cittadini. In realtà, come ho già accennato, l’esito più probabile sarebbe l’iperinflazione e l’implosione del sistema monetario, perché verrebbero meno i già scarsi freni all’emissione di moneta che ci sono oggi. Lo stesso problema ci sarebbe anche se la banca centrale elargisse moneta a tutti quanti in base alle loro necessità (e in cambio più o meno di nulla). O se ognuno potesse emettere moneta fiat in proprio, come ho già scritto sopra.

La sostanza è che l’aumento della quantità di moneta fiat non equivale a un aumento reale di ricchezza e che solo un bene la cui offerta non è (e non può essere) potenzialmente illimitata può svolgere la funzione di moneta. In ultima analisi, il problema vero non è chi emette moneta, ma cosa è la moneta.
ValerioRaiola
 
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