Genesi del valore monetario

Discussioni tecniche e antropologiche per giustificare potenziali riforme dell'emissione e della gestione della moneta

Genesi del valore monetario

Messaggioda Vito Zuccato » 29/01/2012, 22:16

In questo thread si discute sui processi che conferiscono valore alla moneta.

Di seguito fornisco alcune proposizioni in merito.



1) La moneta è valore della misura poiché per definizione essa è uno strumento di misura che incorpora la caratteristica dimensionale misurata, il valore di un bene o di un servizio, così come il metro misura la lunghezza di un oggetto e incorpora la caratteristica dimensionale definita come “lunghezza”.

2) La moneta riceve valore per induzione di valore da parte della comunità degli individui viventi per il solo fatto che questi accettano per convenzione che abbia valore. Infatti in un'isola deserta oppure in un mondo di morti non si genera alcun valore e quindi nemmeno il valore monetario perché manca la comunità degli individui viventi che si mettono d'accordo sulla convenzione monetaria.
La convenzione monetaria si esplica a prescindere dal fatto che venga imposta dalla legge (corso forzoso) o semplicemente sancita dalla transazione economica spontanea tra individui: l'imposizione di un privato o di un'istituzione e l'accordo per decisione collegiale più o meno allargata sono soltanto modalità diverse con cui viene istituita la convenzione monetaria, ma la sostanza – il valore indotto monetario – rimane identica, dato che senza comunità di individui viventi non ci sarebbero comunque accettazioni e transazioni.

3) La moneta non riceve valore dal fatto che esiste una data quantità di beni e servizi già prodotti o ancora da produrre, perché il valore monetario come ogni valore è solo una dimensione del tempo, cioè nasce per immaginazione dell'individuo soggetto allo scorrere del tempo e portato a dividere il tempo in fasi che si susseguono. Infatti il valore monetario convenzionale si origina esclusivamente dalla previsione di acquisto di merci (beni e servizi) da parte degli individui nel luogo in cui le merci vengono offerte (mercato): nessun attore economico crea il valore della moneta automaticamente e in anticipo in base alla esatta conoscenza della quantità e della qualità dei beni e dei servizi già presenti sul mercato e viceversa nessun attore economico crea il valore dei beni e dei servizi automaticamente e in anticipo in base a precise informazioni sulla quantità di moneta spendibile in possesso dei portatori.
Il ragionamento che vuole far coincidere quantità/valore della moneta con quantità/valore dei beni e dei servizi può essere fatto solo da chi gestisce bestiame da allevamento avendo sotto controllo monopolistico sia la moneta che le merci ed esula totalmente dalla concezione di libero mercato delle transazioni economiche: libero mercato significa innanzitutto libera scelta di spendere da parte del portatore di moneta e libera scelta di vendere da parte del produttore/venditore di merci.
Inoltre, pure in un sistema economico-sociale in cui non esiste mercato non ha alcun senso parlare di valore della moneta in relazione al valore dei beni e dei servizi perché in questo caso i beni e i servizi vengono forniti soltanto a prezzi bloccati (non sono più merci): in questo caso l'unità di valore monetario della misura ha per forza potere d'acquisto costante, a prescindere dal valore nominale della massa monetaria esistente e dal valore nominale della massa di beni e servizi esistenti.

4) La moneta acquista valore solo per induzione di valore da parte degli individui viventi e perciò trae valore senza alcun bisogno di riserva.
Rappresenta riserva qualsiasi tipo di merce: beni deperibili come gli alimenti, beni a lunga durata come le abitazioni e le infrastrutture, beni pressoché indeperibili come i metalli nobili e servizi come le prestazioni lavorative.
L'unica riserva di valore della moneta, oltre che unica riserva di valore delle merci, è la somma degli individui viventi che danno luogo a scambi di moneta contro merce.
Chi afferma che la moneta debba avere a priori un corrispettivo in merci per avere valore 1. dimostra di non aver capito le dinamiche che regolano il mercato dei beni e dei servizi e/o 2. di professione fa l'allevatore di bestiame e/o 3. nega l'esistenza del valore come dimensione del tempo, quindi definisce il valore come dimensione della materia in una visione ottusa, tautologica e de-umanizzante quale la seguente: il valore è valore perché un bene o un servizio vale, mentre la persona vivente non ha alcun valore come induttrice di valore, ma solo come merce essa stessa da vendere alla pari di qualsiasi altra merce.

5) Il valore monetario nasce senza lavorare perché non si fa alcun lavoro quando si induce valore della misura – valore nominale – in un simbolo monetario.
Non essendoci alcuna produzione/vendita di merce “prestazione lavorativa” per la creazione del valore monetario dichiarato sulla moneta, di conseguenza il valore monetario nasce anche senza costo.
Gli unici costi da sostenere sono i costi di fabbricazione del supporto monetario.
Più precisamente, il valore dichiarato per o sul simbolo monetario non è mai il valore di mercato del materiale che costituisce il supporto monetario: la moneta è un contratto speciale, poiché ha per oggetto il contratto stesso al valore nominale anziché l'oggetto da contrattare al valore di mercato.
Questo vale in particolare per la moneta nominale, cioè per la moneta che dimostra il suo valore esclusivamente con una dichiarazione di valore su di un qualsivoglia simbolo monetario.
Ma anche la moneta-merce non esce da questo tipo di contratto: infatti quasi sempre la moneta-merce ha un valore superiore alla pura merce che la compone per il solo fatto che la merce stessa viene certificata e utilizzata come misuratrice universale di valore, diventando appunto moneta-merce; tale contratto è comunque rispettato anche nel caso in cui il valore dichiarato per la moneta-merce coincide col valore della merce che la costituisce.

6) Il valore monetario nasce senza lavorare perché deve esserci per forza il valore monetario duplicato dei beni e dei servizi misurati e misurabili per permettere sia la produzione di beni/servizi sia la commercializzazione di beni/servizi.
Chi lavora crea soltanto il servizio “prestazione lavorativa”, servizio che poi crea eventualmente l'oggetto “bene materiale o immateriale”: la moneta è quindi quello strumento che serve a misurare il valore di mercato sia della merce “prestazione lavorativa” sia della merce “ bene materiale o immateriale” e che per poter fare questa misurazione e poter essere controparte di scambio con le merci deve possedere valore a priori, quindi né deve assorbire valore dalle merci né deve ricavare valore dalle merci per fotocopia (la fotocopia è solo sulla misura del valore al momento dello scambio, ma non sul valore della misura). Nessuno infatti scambierebbe merci con moneta se non potesse prevedere di riutilizzare la moneta così ricavata per scambiarla a sua volta in futuro con altre merci: perciò il valore indotto monetario non solo viene creato esclusivamente dall'accordo tra individui senza lavorare, ma risulta pure una necessità intrinseca degli attori economici per poter dar luogo allo stesso scambio merce/moneta o moneta/merce.
Inoltre, anche il valore delle merci viene creato per induzione da parte degli individui in quanto viventi e senza lavorare.

7) Il valore monetario storicamente nasce senza lavorare perché la moneta è una funzione sovrana della comunità, in genere rappresentata dallo Stato.
Ogni funzione sovrana nasce di per sé senza alcuna prestazione lavorativa, solo per il fatto che esiste la consapevolezza degli individui di essere una comunità, sia di fatto che sancita da una dichiarazione apposita.

8) Il valore monetario dovrebbe nascere senza lavorare perché dovrebbe essere un servizio di base di proprietà e di fruizione gratuita della collettività come potrebbero essere la luce solare, l'acqua e l'aria (potrebbero, perché in realtà oggi neppure queste lo sono).

9) Il valore monetario nasce senza lavorare perché ai tempi della moneta-merce in metallo nobile mai nessuno si è indebitato con una miniera e ha dovuto lavorare per restituire la pepita alla miniera: l'appropriazione dell'intero valore della pepita avveniva gratuitamente.
Si lavorava solo per trovare la pepita, così come oggi si dovrebbe lavorare solo per creare il supporto monetario cartaceo o elettronico che è di costo quasi nullo e senza vincoli di rarità naturale.

10) Il valore indotto in un simbolo monetario, generato senza lavorare e senza riserva, è stato dimostrato materialmente e storicamente dall'abolizione totale mondiale della riserva monetaria in oro il 15 agosto del 1971 e confermato scientificamente dall'esperimento del SIMEC eseguito dal Prof. Giacinto Auriti nel 2000.
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Re: Genesi del valore monetario

Messaggioda Angelo Verilli » 22/02/2012, 2:25

Per quanto riguarda i primi due punti mi ritengo d'accordo, salvo un'eventuale puntualizzazione sull'ipotesi del mondo di morti o dell'isola deserta: in quei casi non esisterebbe alcun concetto (libertà, amore, solidarietà.. ed anche i riferimenti ad oggetti sensibili), non solo quello di valore. E' infatti il soggetto pensante che pensa i concetti, non la natura di per sé. Essa infatti potrebbe essere a prescindere da un soggetto osservante. Questa è già una premessa a quanto mi appresto a esprimere.

Il punto-chiave è il concetto di valore.
Vorrei far riflettere sul pensiero in base al quale il valore è solo dimensione del tempo (“il valore monetario come ogni valore è solo una dimensione del tempo”) e che la dimensione dello spazio/materia sia disconnesso o addirittura antitetica ad esso.

Sottoponiamo i concetti di spazio (e materia) e tempo a due criteri che potremmo definire della priorità d'esistenza e del significato della previsione.


Priorità d'esistenza

Lo spazio senza tempo può esistere? Il tempo senza spazio può esistere?

Dal mio punto di vista il tempo è un concetto successivo allo spazio in quanto un ente osservante e tempo-percettore è possibile che ci sia solo presupponendo uno spazio. In sostanza, in assenza di soggetto 3D osservante il tempo non esiste in quanto esso è una risultante della percezione (movimento) la quale può – appunto – aver luogo solo all'interno di uno spazio.
Proseguendo, lo spazio potrebbe invece esistere senza tempo come una sorta di “fotogramma istantaneo 2D” nella mente infinito/statica (stabile) di un ipotetico demiurgo (puro concetto stabile, assenza di energia/spazio/materia).

La questione è assai complessa e senz'altro da approfondire. Andiamo al successivo passaggio.


Significato della previsione

Nel post si afferma che

(...) il valore monetario come ogni valore è solo una dimensione del tempo (...)


seguito da

(...) il valore monetario convenzionale si origina esclusivamente dalla previsione di acquisto di merci (beni e servizi) da parte degli individui (...)



Vado al punto:

A cosa servirebbe prevedere (tempo) una qualsiasi azione (spazio/materia)
in assenza del cosiddetto “atto edonistico”?

Che senso avrebbe lo spostamento nel tempo senza un sottostante materiale/reale?



Nessuno, non ne avrebbe.
Se io pre-vedo, lo faccio per un obiettivo/fine/scopo legato indissolubilmente alla realtà di cui io stesso faccio parte che sia essa la 12a dimensione, la 100a, il piano eterico, astrale, i Campi Elisi o il pianeta Terra.

Pertanto ritengo errata una visione del valore legata esclusivamente al tempo tanto quanto una legata esclusivamente alla materia (in questo secondo caso infatti la moneta non avrebbe alcun senso). Il concetto di valore tout-court è legato ad entrambe.

Probabilmente ma con riserva penso sia più corretta l'affermazione

(...) il valore monetario convenzionale si origina esclusivamente dalla previsione di acquisto di merci (beni e servizi) da parte degli individui (...)


in quanto si parla di valore monetario, non del concetto di valore tout-court, come invece espresso in precedenza ne

(...) il valore monetario come ogni valore è solo una dimensione del tempo (...)


La premessa del primo criterio serve – nel caso lo si ritenga valido - a rinforzare il secondo, in quanto lo stabilire che il concetto di tempo è in qualche modo addirittura subordinato a quello di spazio/materia rimette nuovamente in discussione il concetto di valore secondo il pensiero di Auriti, il quale scinde nettamente l'atto previsionale dall'atto materiale (o “edonistico”).

NOTA: Le due fasi potrebbero essere assimilate ai due distinti concetti, insegnati anche in ambito accademico, di “valore di scambio” e “valore d'uso”.
Angelo Verilli
 
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Re: Genesi del valore monetario

Messaggioda Vito Zuccato » 24/02/2012, 23:22

Angelo Verilli ha scritto:Per quanto riguarda i primi due punti mi ritengo d'accordo, salvo un'eventuale puntualizzazione sull'ipotesi del mondo di morti o dell'isola deserta: in quei casi non esisterebbe alcun concetto (libertà, amore, solidarietà.. ed anche i riferimenti ad oggetti sensibili), non solo quello di valore. E' infatti il soggetto pensante che pensa i concetti, non la natura di per sé. Essa infatti potrebbe essere a prescindere da un soggetto osservante. Questa è già una premessa a quanto mi appresto a esprimere.

Puntualizzazione ininfluente, anche se corretta, sia ai fini del discorso che di una eventuale e presunta cripticità di quanto già scritto in merito: dato che in tali luoghi non ci sono esseri viventi pensanti, è ovvio che nessun pensiero può essere creato e di conseguenza anche quello specifico sul valore.
Tale puntualizzazione peraltro ribadisce quanto prima sottolineato riguardo la formazione del valore SOLTANTO grazie al pensiero che si sviluppa per fasi di tempo e riguardo l'impossibilità di dimostrare che la materia vale affermando che la materia vale, cioè di dimostrare una tesi rienunciando la tesi stessa (tautologia).

Angelo Verilli ha scritto:Il punto-chiave è il concetto di valore.
Vorrei far riflettere sul pensiero in base al quale il valore è solo dimensione del tempo (“il valore monetario come ogni valore è solo una dimensione del tempo”) e che la dimensione dello spazio/materia sia disconnesso o addirittura antitetica ad esso.

Non è questo il problema. Dove sta scritto che si abolisce ogni connessione con la materia?
La materia genera nel pensiero delle aspettative, NON genera hic et nunc esattamente ciò che il pensiero si immagina.

Angelo Verilli ha scritto:Sottoponiamo i concetti di spazio (e materia) e tempo a due criteri che potremmo definire della priorità d'esistenza e del significato della previsione.

Priorità d'esistenza
Lo spazio senza tempo può esistere? Il tempo senza spazio può esistere?

Dal mio punto di vista il tempo è un concetto successivo allo spazio in quanto un ente osservante e tempo-percettore è possibile che ci sia solo presupponendo uno spazio. In sostanza, in assenza di soggetto 3D osservante il tempo non esiste in quanto esso è una risultante della percezione (movimento) la quale può – appunto – aver luogo solo all'interno di uno spazio.
Proseguendo, lo spazio potrebbe invece esistere senza tempo come una sorta di “fotogramma istantaneo 2D” nella mente infinito/statica (stabile) di un ipotetico demiurgo (puro concetto stabile, assenza di energia/spazio/materia).

Non capisco bene dove vuoi arrivare.
Inoltre, con quanto scritto hai appena detto tra le righe, giustamente, che senza individuo osservante non esiste neppure il tempo e quindi non ha più senso nemmeno parlare di materia, perché la materia ha senso se e solo se c'è il punto di vista soggettivo di un osservatore.
La materia, se pensasse, dovrebbe comunicare il suo pensiero all'osservatore e per farlo dovrebbe comunque avere un osservatore che si accorge di questa comunicazione volontaria della materia.

Il concetto di mercato peraltro segue perfettamente il criterio della non conoscenza esatta.

Angelo Verilli ha scritto:La questione è assai complessa e senz'altro da approfondire. Andiamo al successivo passaggio.

Non credo occorra un corso sperimentale d'avanguardia di fisica teorica e per ora solo sulla carta per discutere di valore monetario. Meglio andare al successivo passaggio, allora. :)

Angelo Verilli ha scritto:Significato della previsione
Nel post si afferma che
(...) il valore monetario come ogni valore è solo una dimensione del tempo (...)

Sì, perché senza individuo pensante non si può definire alcunché, nemmeno questo thread e queste discussioni. Il pensiero è unicamente tempodipendente perché si basa solo su aspettative, per quanto concerne il valore da conferire alla – udite udite – materia.
Per dire l'opposto occorre una materia che impone esplicitamente il pensiero all'individuo pensante, ordinandoglielo per iscritto o a voce o telepaticamente.
Se proprio vogliamo dirla tutta, il pensiero del cosiddetto individuo è un'allucinazione della materia aggregata in un sistema molecolare relativamente “complesso” definito “essere vivente pensante”.
Quindi da questo ultimo punto di vista possiamo dare ragione a chi afferma che l'origine di tutto, compreso il pensiero e in particolare il pensiero del valore, è la materia.
Spingendoci ancora più in là, otteniamo che la materia è assimilabile a una divinità.
Ergo, il valore di qualsiasi parte di materia viene originato da una convenzione tra almeno due singolari allucinazioni della materia stessa (allucinazioni di due individui pensanti).
Il problema è che il Dio Materia non consente a sue aggregazioni come l'oro, il platino o il coltan™ di esprimere concetti riguardanti il valore agli individui pensanti quali le persone umane.

Angelo Verilli ha scritto:seguito da
(...) il valore monetario convenzionale si origina esclusivamente dalla previsione di acquisto di merci (beni e servizi) da parte degli individui (...)

Sì.
Così come il valore merceologico convenzionale si origina esclusivamente dalla previsione di vendita di merci da parte dei venditori in relazione alla previsione di acquisto delle stesse merci da parte dei compratori.

Angelo Verilli ha scritto:Vado al punto:
A cosa servirebbe prevedere (tempo) una qualsiasi azione (spazio/materia)
in assenza del cosiddetto “atto edonistico”?

Che senso avrebbe lo spostamento nel tempo senza un sottostante materiale/reale?

Nessuno ha abolito la materia dal ragionamento.
Il problema è che tu non prendi in considerazione il fatto che la materia si rapporta con l'individuo in fasi di tempo e quindi in previsione, per quanto concerne il valore.
L'atto edonistico viene DOPO la previsione. E' l'aspettativa del potenziale atto edonistico che fa partire il tutto.

Angelo Verilli ha scritto:Nessuno, non ne avrebbe.
Se io pre-vedo, lo faccio per un obiettivo/fine/scopo legato indissolubilmente alla realtà di cui io stesso faccio parte che sia essa la 12a dimensione, la 100a, il piano eterico, astrale, i Campi Elisi o il pianeta Terra.

Non alla realtà generica. Ma alla realtà che ti immagini possibile nel futuro.
Ogni attività commerciale è per definizione basata sull'affrontare l'ignoto.
Senza aspettativa e senza progetti non ci sarebbe alcuna attività.

Ti stai perdendo a mio avviso nel materialismo della riserva valorizzatrice che esce tranquillamente dalla porta e rientra come al solito dalla finestra in modo subdolo.
O in un surrogato di questo.

Angelo Verilli ha scritto:Pertanto ritengo errata una visione del valore legata esclusivamente al tempo tanto quanto una legata esclusivamente alla materia (in questo secondo caso infatti la moneta non avrebbe alcun senso). Il concetto di valore tout-court è legato ad entrambe.

Bisogna precisare COME è legato. Sennò è come niente.
E' legato alla previsione di come sarà la materia e delle prospettive che potrà dare (verbi al futuro, guarda caso). Quindi la creazione di valore è unicamente legata allo scorrere del tempo percepito dal pensiero, poiché nello specifico si attua sulla materia una operazione di attesa-desiderio.
Quando si afferma, come da sempre io faccio e non solo io, che il valore è una dimensione del tempo NON si afferma che la materia non c'entra, ma che la materia nella formazione del valore è legata all'individuo unicamente con la dimensione della previsione e quindi del tempo.
Forse si stanno confondendo i piani logici del discorso e/o tu credi che io abbia una visione rigidamente dicotomica materia/tempo del problema.

Angelo Verilli ha scritto:Probabilmente ma con riserva penso sia più corretta l'affermazione
(...) il valore monetario convenzionale si origina esclusivamente dalla previsione di acquisto di merci (beni e servizi) da parte degli individui (...)

Con riserva. Nomen omen. E quale sarebbe la riserva in questo caso? [domanda semi-retorica]

Angelo Verilli ha scritto:in quanto si parla di valore monetario, non del concetto di valore tout-court, come invece espresso in precedenza ne
(...) il valore monetario come ogni valore è solo una dimensione del tempo (...)

Il valore tout court è SOLO una dimensione del tempo in ogni caso e nei termini appena rienunciati sopra, e anche se si tratta di valore non merceologico, non monetario e non commerciale quale il valore affettivo e/o egorticellistico.

Angelo Verilli ha scritto:La premessa del primo criterio serve – nel caso lo si ritenga valido - a rinforzare il secondo, in quanto lo stabilire che il concetto di tempo è in qualche modo addirittura subordinato a quello di spazio/materia rimette nuovamente in discussione il concetto di valore secondo il pensiero di Auriti, il quale scinde nettamente l'atto previsionale dall'atto materiale (o “edonistico”).

NOTA: Le due fasi potrebbero essere assimilate ai due distinti concetti, insegnati anche in ambito accademico, di “valore di scambio” e “valore d'uso”.

Il concetto di tempo è “subordinato” alla materia solo nei termini appena sopra rienunciati, e tra virgolette perché è corretto dire “legato”.
Peraltro e banalmente, sarebbe senza senso dire che l'aspetto materialistico viene soppresso, visto che per definizione la creazione di valore è effettuata riguardo alla materia, non riguardo al pensiero stesso.
Non si mette in discussione alcunché. Semplicemente si sta facendo confusione tra piani concettuali e dialettici.

Ma anche chissenefrega ogni tanto e di Auriti e dell'accademia. Usiamo anche la nostra autonoma capacità di ragionamento.
Stay foolish come l'elicotterista Murdock, non come l'elicotterista Bernanke.
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Re: Genesi del valore monetario

Messaggioda Angelo Verilli » 03/06/2012, 11:11

Letto e riletto, scritto e cancellato più volte.
Ciò che ho capito di rilevante è quanto hai scritto qui:

Vito Zuccato ha scritto:Nessuno ha abolito la materia dal ragionamento.
L'atto edonistico viene DOPO la previsione. E' l'aspettativa del potenziale atto edonistico che fa partire il tutto.

(...)

Ti stai perdendo a mio avviso nel materialismo della riserva valorizzatrice che esce tranquillamente dalla porta e rientra come al solito dalla finestra in modo subdolo.
O in un surrogato di questo.

Quando si afferma, come da sempre io faccio e non solo io, che il valore è una dimensione del tempo NON si afferma che la materia non c'entra, ma che la materia nella formazione del valore è legata all'individuo unicamente con la dimensione della previsione e quindi del tempo.
Forse si stanno confondendo i piani logici del discorso e/o tu credi che io abbia una visione rigidamente dicotomica materia/tempo del problema.


Sono d'accordo con ciò che hai espresso.
Nei vari passaggi mi hai fatto accorgere di 1) aver letto nelle tue affermazioni una completa disconnessione dalla materia in relazione al valore e di conseguenza 2) un disordinato tentativo di “riabilitare” la materia/spazio tramite affermazioni “extra” che nulla c'entrano con la questione del valore.



Ho un'osservazione in merito alla completezza della definizione di valore. Riparto da quanto ha scritto Auriti e ribadito nell'articolo iniziale del thread:


IL VALORE È UN RAPPORTO TRA FASI DI TEMPO...
... così ad es. una penna ha valore perché si prevede di scrivere, il coltello ha valore perché si prevede di tagliare, la moneta ha valore perché si prevede di comprare. Il valore è pertanto il rapporto tra il momento della previsione ed il momento previsto.


Esempi
1) Sono in auto, fuori piove e non ho l'ombrello, ma voglio entrare in casa ed sono di fretta. So che mi bagnerò (momento previsione). Esco e mi bagno (momento previsto), poi entro in casa.

2) Sto per entrare in un luogo saturo di fumo (lo so perché lo vedo da lontano). Prevedo che inalerò il fumo ed inizierò a star poco bene (momento previsione). Entro, inalo il fumo ed effettivamente sto peggio (momento previsto).
(.. si continui a piacere)

Come si colloca il valore in questi casi?
Considerando gli esempi proposti, l'affermazione “Il valore è un rapporto tra fasi di tempo” è sufficientemente completa?

Ipotesi: si potrebbe integrare ad essa dei concetti quali “utilità”, “bellezza”, "scambio" e/o altri.
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Re: Genesi del valore monetario

Messaggioda ChristianTambasco » 26/07/2012, 9:35

stiamo parlando di moneta, beni e mercato in cui si scambiano tali beni

parliamo di unità di misura da applicare a tali beni, misuriamo il valore di un bene in virtù del rapporto che c'è tra questo e le due fasi di tempo ovvero
previsione di qualcosa e il momento previsto

nei tuoi esempi manca l'oggetto da misurare (l'ombrello) e soprattutto non si capisce se per te tale oggetto ha più o meno valore (non si capisce se per te è importante bagnarti o irrilevante, di conseguenza se senti la necessità o meno dell'ombrello) manca il valore d'uso che per te ha o meno questo oggetto e se incontra il valore di scambio

non stiamo parlando del valore che per me ha la vita o i miei figli o mia moglie, in quanto non sarebbe quella l'unità di misura da adottare (semmai una ce ne potesse essere, semmai fossero misurabili), si parla di beni, del valore d'uso e/o di scambio che hanno in un dato mercato

suppongo che Auriti parli del valore come unità di misura dei beni e non del valore come concetto più ampio ed applicabile ad altri contesti, tale supposizione trova giustificazione dagli esempi che usa: la penna ha valore, il coltello ha valore, non il tempo intercorso tra le due fasi o le singole fasi distinte(previsione-->previsto), nel tempo che intercorre attribuisci valore all'oggetto per farti trovare pronto al previsto

non c'è valore "monetario" nel prevedere la pioggia, a meno che non mercifichi l'atto di previsione stile veggente, ma a quel punto il valore è attribuito dal contadino che sente il bisogno della tua previsione ed è disposto a pagare perché convinto dell'utilità di questa, così come non c'è valore "monetario" nello bagnarsi o meno a meno che uno non ritenga utile mercificare l'atto di bagnarsi e altri non ritengano utile vederlo bagnato fradicio al punto di pagare per questo e farsi due risate

è implicito negli esempi che si riferisce al valore contestualizzato ai beni e al mercato e quindi nel duplice aspetto di valore d'uso/valore di scambio (che altro
non è che l'aspettativa di valore d'uso per gli altri)

quando dice che non c'è ricchezza in un mondo di morti, parla di ricchezza materiale, non altro, perché i morti non producono beni utili (per il consumo o per lo scambio).

Questa è la mia interpretazione dei suoi concetti.
...se vuoi ottenere qualcosa di diverso devi cominciare ad agire diversamente.
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Re: Genesi del valore monetario

Messaggioda Vito Zuccato » 26/07/2012, 21:28

Auriti faceva gli esempi del mondo dei morti e dell'isola deserta soltanto per spiegare la pura convenzionalità della creazione del valore, convenzionalità possibile soltanto in presenza di persone fisiche viventi: nessun oggetto inerte è capace di esercitare convenzioni e in particolare convenzioni di valorizzazione.
Non si riferiva alla produzione di beni (materiali, immateriali e monetari), ma alla produzione del loro valore.

Inoltre, i c.d. beni materiali hanno senso anche in un mondo di morti o in un'isola deserta, poiché non occorre avere per forza dei primati "superiori" vivi per produrre beni materiali: molti di questi esistono GIA' in natura pronti per essere consumati, per semplice raccolta.
E tali beni diventano ANCHE ricchezza esclusivamente nel momento in cui il mondo di morti o l'isola deserta inizia a popolarsi di primati "superiori" vivi che per puro caso ritengono utili quei beni.

Tale creazione convenzionale di valore, come già scritto prima, esiste sia per la moneta che per qualsiasi oggetto diverso da questa (mercificabile o meno).
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Re: Genesi del valore monetario

Messaggioda ChristianTambasco » 27/07/2012, 9:29

Sì, la convenzione la davo per scontata ed è la base di partenza di tutti i nostri ragionamenti. La risposta voleva mettere in evidenza che oggetto della convenzione monetaria è un bene, la sua collocazione sul mercato e la modalità di trasferimento, quindi inclusa la necessità di farlo oggetto della misura. Se vado ad asparagi con amici, li raccolgo e me li mangio in compagnia sono fuori contesto tutti questi discorsi cadono nonostante il bene (l'asparago) è presente così come è presente il fattore relazionale (amici, parenti) e il trasferimento (distribuzione/condivisione del raccolto).

E' il mercato (convenzione anch'esso) e il bene come merce ovvero collocato sul mercato che contestualizza la necessità della convenzione monetaria ovvero di misurare il valore delle merci al fine di poterle trasferire. Inseriti in questo contesto posto in essere da una serie di convenzioni negli esempi/domande di Angelo mancava l'oggetto della misura ovvero il bene, la ricchezza da trasferire e quindi da misurare per mezzo della convenzione.

Della frase di Auriti ho posto l'accento sulla "ricchezza" per evidenziare cosa è oggetto di misura, anche se ammetto che da come l'ho posta sembrava non contemplare la convenzione che come ho detto sopra è la base di partenza per comprendere la frase di Auriti.

Spero così di essere stato più chiaro
...se vuoi ottenere qualcosa di diverso devi cominciare ad agire diversamente.
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Re: Genesi del valore monetario

Messaggioda domenico.damico » 13/09/2012, 13:38

Da integrare il tutto con il discorso dell'utilità marginale e del marginalismo in generale (che prende forma dopo il 1870), che in rapporto al valore dei beni rimane un punto di svolta del dibattito economico, fino a quel momento ancorato al valore del bene=lavoro necessario per produrlo.
Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì.
I quali si chiederanno cosa non viene apprezzato del loro ottimismo.
Ennio Flaiano
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Re: Genesi del valore monetario

Messaggioda domenico.damico » 22/10/2012, 16:51

Dal marginalismo a tutto campo, inoltre, ha preso anche avvio la teoria della scuola austriaca sulla moneta, che si concentra appunto sull'utilità marginale del "bene" moneta e del formarsi del suo valore proprio rispetto a questa sua utilità.
Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì.
I quali si chiederanno cosa non viene apprezzato del loro ottimismo.
Ennio Flaiano
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ONTOLOGIA DEL DENARO

Messaggioda domenico.damico » 11/05/2013, 19:17

Ontologia del denaro: moneta e valore da una prospettiva interdisciplinare
Raffaele Beretta Piccoli e Sergio Rossi
Paperper il Decimo convegno internazionale dell’AISPE
“Umanesimo e religione nella storia del pensiero economico”
Università di Treviso, Italia
20–22 marzo 2008

Abstract

La natura ontologica del denaro è una questione molto complessa e articolata, come lodimostrano 200 anni di scienza monetaria, durante i quali gli economisti, ma anche un
nutrito gruppo di filosofi, hanno cercato di scoprire e spiegare l’essenza del denaro. Per questo tipo di studio è utile fare riferimento a un filosofo statunitense, John Searle, e in
particolare al suo volume –The Construction of Social Reality – pubblicato nel 1995. La nostra scelta è motivata da tre ragioni. Anzitutto, nei dibattiti sull’ontologia sociale,
l’opera di Searle (1995) ha giocato un ruolo imprescindibile. Secondariamente, la teoria argomentata da Searle (1995) è oggi abbastanza condivisa dai filosofi contemporanei o,
quantomeno, essa ci sembra in grado di produrre un dibattito di indubbia fecondità. La terza ragione è che il denaro è l’esempio prediletto di Searle. Questo ci porta a supporre
che la sua teoria possa corrispondere in maniera particolarmente esauriente alle esigenzedella nostra analisi. Nella prima sezionedi questo saggio esporremo dunque brevemente
la prospettiva di Searle (1995), per osservare che in essa il denaro è concepito in quantO entità ontologicamente soggettiva. Nella seconda sezione argomenteremo a favore di
un’ipotesi che approfondisce e, per alcuni versi, precisa l’applicazione dell’analisi di Searle (1995) al denaro. La terza sezione si concentrerà poi sulla natura ontologica della
moneta elettronica, mostrando come essa metta in evidenza la quintessenza del denaro: una registrazione numerica nella contabilitàa partita doppia della banca che effettua un
pagamento per conto di un suo cliente.


http://www.giuri.unipd.it/~AISPE-2008/S ... denaro.pdf
Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì.
I quali si chiederanno cosa non viene apprezzato del loro ottimismo.
Ennio Flaiano
domenico.damico
 
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