La psicologia del male_ Piero Bocchiaro

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La psicologia del male_ Piero Bocchiaro

Messaggioda millemondi » 15/11/2012, 8:50

Di fronte a violenze, omicidi, stragi, scrutiamo increduli i volti dei colpevoli come se fossero animali rari, che nulla hanno a che fare con il genere umano. L'interpretazione è rassicurante. Ma sbagliata. La banalità del male si annida in ognuno di noi e i nostri comportamenti sono condizionati dal contesto molto più di quanto pensiamo. Lo spiega il ricercatore Piero Bocchiaro in "Psicologia del male". Prendete Adolf Eichmann, il nazista che curò le operazioni di trasporto degli ebrei verso i campi di concentramento, uno dei massimi responsabili dell'Olocausto: arrestato nel 1960 a Buenos Aires, fu processato l'anno dopo in Israele. La sua linea di difesa? "Ho obbedito agli ordini". I giudici lo condannarono a morte. Era un uomo terribilmente perverso? A chi lo visitò parve incredibilmente normale. Perché allora si macchiò di crimini così orribili?

Il 7 agosto '61 lo psicologo Stanley Milgram realizzò un esperimento scientifico, reclutando alcune cavie: persone normali di diverso carattere e varia estrazione sociale. Queste, assunto il ruolo di insegnante, avevano il compito di verificare la capacità di apprendimento di un (finto) allievo: gli errori dovevano essere puniti con una (finta) scarica elettrica per ordine di un (finto) psicologo. L'esito fu sorprendente: nessuno dei partecipanti, quando seppe in cosa consisteva l'esperimento, si rifiutò di partecipare. Tutti, ovviamente ignari della finzione, arrivarono a impartire scosse assai alte, la maggior parte proseguì fino alla fine, anche di fronte all'estrema sofferenza dell'allievo. L'obbedienza all'autorità (insieme ad altri aspetti psicologici decisivi, come la sequenzialità dell'azione) prevale sul precetto morale di non fare del male.

Bocchiaro richiama altri casi di laboratorio e spiega ad esempio perché in alcune situazioni tendiamo a non prestare soccorso al prossimo: paradossalmente ci sentiamo deresponsabilizzati quando tanti vedono una persona vittima di violenza. Richiamando fatti di cronaca, il ricercatore prova a spiegare anche che cosa si scatena in un gruppo di persone normali fino a trasformarlo in una banda di teppisti crudeli. L'autore ricorda anche l'esperimento svolto a Stanford, che vide miti studenti, alcuni dichiaratamente pacifisti, diventare carcerieri e prigionieri: fu sospeso dopo sei giorni perché la violenza stava diventando inarrestabile (ricordate i fatti di Abu Ghraib?).

Conclusione: il contesto può trascinare anche persone tranquille a compiere atti violenti o malvagi. Attenzione, però: spiegare certi meccanismi psicologici non significa giustificare i responsabili, perché certi orrori gridano vendetta agli occhi degli uomini e di Dio (e comunque anche negli esperimenti ricordati esiste sempre una minoranza che si oppone). I crimini, insomma, restano crimini e vanno condannati. Ma la psicologia sociale ci aiuta a capire che siamo un impasto di luce e di ombra, di bene e di male, di paradiso e di inferno. E poi che i Cattivi e i Buoni esistono solo nelle favole.


Questo libro diventò per me una sorta di bibbia per comprendere i comportamenti (in)umani e raccomando vigorosamente la sua lettura.
Ana Silvestre


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Re: La psicologia del male_ Piero Bocchiaro

Messaggioda millemondi » 26/11/2012, 18:22

Ormai ho messo questo pezzo "in ogni dove", nella speranza che qualcuno vada a leggere questo libro, quindi, a questo punto, lo metto anche qui sul forum.



La deindividuazione viene generata nell'uomo in particolari situazioni, come ad esempio nel caso dell'appartenenza ad una folla di persone, oppure nel caso in cui il soggetto viva in una situazione di expanded present, oppure nelle altre situazioni elencate da Zimbardo. Quest'ultimo sostiene che sono due i fondamentali cambiamenti che avvengono nella mente dell'uomo in simili circostanze: una diminuizione dell'osservazione e dell'attenzione per il proprio Sé, ed inoltre una riduzione dell'interesse per la valutazione che le altre persone eseguono su di noi. Questi due cambiamenti interni alla psiche del soggetto, costituiscono secondo l'opinione di Zimbardo le caratteristiche principali dello specifico stato di deindividuazione. Il fatto che il controllo e la consapevolezza del proprio Sé vengano meno, genera un comportamento che risulterà con maggior probabilità violento, non essendo il soggetto ben consapevole delle restrizioni morali superate e della gravità delle azioni commesse. Il soggetto nello stato di deindividuazione perde la consapevolezza del Sé e perciò vengono ostacolati nella sua mente tutti quei processi adibiti sia al corretto controllo del comportamento, sia all'inibizione dei comportamenti devianti. La diminuizione dell'interesse per la valutazione ricevuta dagli altri uomini evidenzia nettamente come in tale particolare stato psichico, l'uomo si libera anche dal timore di commettere degli atti che potrebbero risultare non apprezzati dagli altri individui; l'uomo agisce senza tenere in considerazione il possibile giudizio espresso da chi osserva il suo comportamento. Ciò rappresenta un fatto rilevante e degno di nota, dato che l'uomo nella vita di tutti i giorni cerca di comportarsi in una maniera che sia consona alle aspettative sociali e attenta ad ottenere il consenso e l'accettazione delle persone che lo circondano. In stato di deindividuazione l'uomo non è sottoposto al desiderio di ottenere l'approvazione dei suoi comportamenti: risulta chiaro di conseguenza che in stato di deindividuazione le inibizioni a comportarsi in maniera violenta diminuiranno sensibilmente, dato che l'individuo non ha una piena consapevolezza del suo Sé e dei suoi atti. Zimbardo sostiene che è tipico dello stato di deindividuazione l'indebolimento del controllo della mente sull'azione. La colpa ed il timore ad agire in maniera aggressiva verranno ridotte sensibilmente, e quindi l'uomo che si trova nello stato psichico di deindividuazione percepirà solamente una piccola responsabilità personale per quanto avrà commesso.
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Re: La psicologia del male_ Piero Bocchiaro

Messaggioda Vito Zuccato » 26/11/2012, 20:50

A occhio sembra rientrare nella deindividuazione anche il processo mentale che porta al pensiero del "mal comune mezzo gaudio" o del "tutti colpevoli, nessun colpevole".

Ecco spiegata anche la tendenza a deindividuarsi e conseguentemente a individuarsi nel branco-gregge, tipica dei lupi-ovini con personalità carente.

Comunque questi comportamenti sono perfettamente naturali e comuni nel mondo animale, di cui fanno parte anche i primati come noi: non siamo affatto degli extraterrestri cattivi, semmai degli extraterrestri e basta.
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Re: La psicologia del male_ Piero Bocchiaro

Messaggioda millemondi » 28/11/2012, 12:10

Questo libro serve MOLTO a noi, e LoSai™già®.
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