Acquisizioni e nuove regole del gioco.

Come l'economia invade tutti gli aspetti sociali dal governo alle relazioni all'interno e tra le comunità

Acquisizioni e nuove regole del gioco.

Messaggioda domenico.damico » 24/01/2012, 16:21


Acquisizioni e nuove regole del gioco.
di Domenico D'Amico
http://www.monetaproprieta.it/site/inde ... &Itemid=53

Da quando è cominciata la seconda fase della crisi, questa del 2011, assistiamo in Italia a un'accelerazione dell'agenda di vendita del patrimonio pubblico e di cambiamento delle regole.
Ma lo stesso schema si ripete in altri Paesi europei, e in modo diverso anche in Giappone, per esempio.(1)
I segnali che "i mercati" cercano si fanno più evidenti, e l'impianto ideologico che soprintende quest'operazione si fa più chiaro ed evidente: meno Stato, più liberalizzazioni, più mercato, e soprattutto più (potere al) DEBITO.
Anche la fase recessiva dell'economia è propedeutica a tutto questo:
la disperazione dei cittadini scalda gli animi, accende le passioni, ma obnubila il pensiero di chi REAGISCE, al contario di chi AGISCE e muove dall'alto gli ingranaggi di meccanismi politico/sociali/economici.
Le proteste assumono la forma classica della difesa (anche legittima) del proprio orticello, senza mai legarsi fra loro, senza una presa di coscienza dei problemi sistemici; regna la confusione, l'improvvisazione, infine le divisioni fra orticelli e anche divisioni interne agli stessi orticelli (2); tutto inevitabilmente sfuma nella cronaca, dove i media inzuppano il pane a piacere, e va perso il contenuto. (3)
Ma questo aspetto merita un articolo a parte, quindi torno sul punto iniziale.

Il patrimonio pubblico italiano è enorme: quello che più fa gola è relativo alle attività strategiche, e cioè energia (Eni-Snam, Enel), telecomunicazioni (Rai e licenze digitali), trasporti et similia (Ferrovie Italiane e Finmeccanica) e gli asset liquidi, ossia Cassa Depositi e Prestiti, oro (che comunque è saldamente in pancia a bankitalia) e la divisione Bancoposta di Poste Italiane spa, più tutto il panorama variegato delle partecipate/municipalizzate.
A questo va sommato il cambiamento delle regole, con l’implementazione di uno schema generale di avvio e il conseguente progetto di breve-medio termine di cambiare tutto il quadro normativo.
Una nuova regola, forse la più clamorosa, è già quasi diventata norma (4), senza che nessuno abbia protestato: il pareggio di bilancio in COSTITUZIONE; combinata con l'accordo in sede europea di rientro del debito in 20 anni dal 120% al 60%: ossia una manovra fissa di 45 miliardi di euro ogni anno per i prossimi vent'anni.
Queste due "semplici" modifiche sono strategiche, perché imposteranno in automatico l'agenda prossima ventura di questo governo e di quelli a venire: il margine di manovra si riduce e la coperta sempre più corta diventa l’alibi per le “riforme strutturali”.
Ecco quindi che diventa ineluttabile, indispensabile e “normale” lo stravolgimento del quadro normativo relativo alle pensioni, con età di pensionamento prossime alla vita media (molti andranno in pensione a 70 anni), e poi le “riforme” relative al mercato del lavoro, con un arretramento delle tutele minime conquistate con fatica nel secolo scorso.
E poi un banco-centrismo sempre più palese e sfacciato, con l’abbassamento delle soglie dei pagamenti in contanti, l’obbligo di aprire il conto corrente per ricevere lo stipendio/pensione (5), tanto per dire le cose più evidenti .
Si andrà avanti di questo passo, con la ferma intenzione di deregolamentare (liberalizzare dicono i media) i settori che vengono considerati troppo “bloccati”.
Credo quindi che sia necessario tenere sotto controllo questo processo e mettere in evidenza i passaggi cruciali che definiranno il quadro finale.
Le due linee d’azione da tenere sotto controllo sono quindi:
1) vendita di asset pubblici;
2) cambiamento del quadro normativo.
Il quadro finale prenderà forma con piccole e grandi manovre di questo tipo.

(1) http://www.japantoday.com/category/poli ... e-politics
(2) http://www.lettera43.it/cronaca/37063/d ... _breve.htm
(3) http://www.corriere.it/cronache/12_genn ... b376.shtml
(4) http://www.camera.it/465?area=1&tema=49 ... stituzione
(5) http://www.inpdap.gov.it/wps/wcm/connec ... 19_01_2012
Ultima modifica di domenico.damico il 29/02/2012, 15:21, modificato 1 volta in totale.
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Acquisizioni e nuove regole del gioco.

Messaggioda domenico.damico » 29/02/2012, 15:19

Da "Il Corriere della Sera" di martedì 28 febbraio 2012


MEDIOBANCA E L`ORO DI BANKITALIA.
di MASSIMO.MUCCHETTI

La Cassa depositi e prestiti (Cdp) e l'oro della Banca d'Italia possono essere utilizzati come armi non convenzionali per attaccare il debito pubblico. È questo il suggerimento che Mediobanca Securities consegna oggi al ministero dell'Economia attraverso un rapporto di 60 pagine, firmato da Antonio Guglielmi, responsabile dell'ufficio di Londra.
Mediobanca non consiglia di vendere sic et simpliciter le partecipazioni residue dello Stato, stimate (generosamente) in 132 miliardi dal bilancio pubblico, e gli immobili delle pubbliche amministrazioni centrali e periferiche (432 miliardi in teoria), ma di monetizzare questi attivi per quanto possibile e in modo da conservare al venditore l'opportunità di futuri guadagni quando i mercati tornassero al rialzo.
Il rapporto si inserisce nel dibattito aperto in seno al governo Monti su come e quanto si possa abbattere il debito pubblico. Un po' tutti si rendono conto che, senza ridurre la spesa per gli interessi passivi (tuttora troppo alta), i margini per le politiche di crescita resteranno esigui e sarà arduo ottenere un avanzo del 3% l'anno per 20 anni così da riportare il rapporto debito/pil al famoso 60%.
Mediobanca punta sulla Cdp perché la vede ancora capace di indebitarsi in sicurezza per cifre importanti conservando la sua caratteristica di soggetto a controllo pubblico ma non inserito nel perimetro della pubblica amministrazione, il cui debito viene considerato nel Trattato di Maastricht. La Cdp, scrive Guglielmi, è oggi la «banca» italiana con il migliore ritorno sul capitale (20%) e soprattutto appare più sicura delle consorelle francese e tedesca, perché meno indebitata e più redditizia.
La Cdp si finanzia al 97% sul mercato retail emettendo obbligazioni e libretti di risparmio con garanzia dello Stato (207 miliardi in tutto) tramite la rete di Poste Italiane. La Caisse des Dépots et Consignations (Cdc) raccoglie il 38% dei suoi mezzi dai fondi pensione dei professionisti e dal mercato finanziario. La Kreditanstalt für Wiederaufbau (Kfw) si finanzia interamente sul mercato istituzionale con obbligazioni che pagano gli stessi interessi dei Bund perché, come i Bund, garantite dallo Stato.
Con le risorse postali, la Cdp fa mutui ai comuni, finanzia il Tesoro italiano e i suoi fondi nonché, per il 7,5% del bilancio, acquisisce partecipazioni. La Cdc ha il 62% degli attivi in titoli pubblici e partecipazioni. La Kfw impiega il 59% delle sue disponibilità in finanziamenti agevolati alle disastrate banche regionali tedesche (e questo spiega perché la cancelliera Angela Merkel va cauta sulla Grecia: le perdite delle Landesbanken sui titoli di Atene rimbalzano sul Tesoro, tramite la Kfw). Ora, secondo Guglielmi, la Cdp potrebbe acquisire le migliori partecipazioni dello Stato in imprese quotate e non quotate per 50 miliardi di euro, secondo il progetto già allo studio in Cdp e reso noto dal Corriere che fa leva su Sace e Fintecna. Ma la Cdp potrebbe anche acquisire una parte delle riserve auree della Banca d'Italia, il cui valore ha ormai superato il 130 miliardi, grazie alla costante rivalutazione del metallo giallo. Diciamo altri 50 miliardi. Ma come pagherebbe la Cdp? Qui scatta il suggerimento. Cdp potrebbe trovare non 100 ma anche 200 miliardi emettendo obbligazioni destinate agli investitori istituzionali italiani e non, come già fa da sempre la Kfw. Queste nuove obbligazioni avrebbero probabilmente un rating migliore dei Btp, perché garantite non già in via generica dallo Stato, ma in via specifica dall'oro e dalle partecipazioni in aziende capaci di garantire flussi di cassa abbastanza stabili (con l'eccezione di Finmeccanica e Stm).
Onorati i pagamenti verso il Tesoro e la Banca d'Italia, la Cdp avrebbe una somma cospicua, raccolta a costi stracciati, per sostenere le dismissioni immobiliari. Secondo Mediobanca Securities, il mattone potrebbe portare ai conti pubblici un beneficio fino a 90 miliardi: una trentina dai fondi immobiliari che verrebbero lanciati a partire dal 2012 dagli enti locali, proprietari del grosso del patrimonio; 10 miliardi dalla razionalizzazione degli uffici pubblici, dove lo spazio è suddiviso nella misura di 50 metri quadri a dipendente medio contro i 20 del settore privato e i 10-12 delle migliori gestioni internazionali; 50 miliardi infine dalle vendite che vanno bene se non implicano poi il riaffitto dei locali. Per conseguire tali risultati ci vogliono alcuni anni e capacità gestionali. Pensare a cessioni rapide è mera illusione, dopo le cartolarizzazioni Scip 2 e l'esperienza del Fip e con un mercato immobiliare che oggi muove 4 miliardi l'anno, nel disinteresse dell'estero. Toccherebbe dunque alla Cdp o ad altri soggetti promuovere un fondo o più fondi che rilevino questo patrimonio e ne affidino la gestione a soggetti professionali esterni. La novità sarebbe una Cdp che finanzia a tasso agevolato gli acquirenti delle quote dei fondi, famiglie incluse, grazie alla sua conveniente provvista.
Se si obietta che, con tali trasferimenti, verrebbe meno una parte delle garanzie del debito pubblico esistente, Mediobanca Securities ricorda che verrebbe cancellata una quota equivalente di debito pubblico. Quanto invece al dualismo tra le nuove obbligazioni Cdp e quelle del Tesoro, in piazzetta Cuccia sommessamente ricordano come per anni le obbligazioni della stessa Mediobanca abbiano pagato interessi inferiori ai titoli di Stato. Senza tragedie per nessuno. Ma non era mai accaduto che una banca privata s'inoltrasse nel terreno minato dell'oro della banca centrale. E neppure che si suggerisse, come fa Mediobanca Securities alla fine del rapporto, un uso politico della sua idea al tavolo del fiscal compact: se questa sostituzione di debito non si può fare Stato per Stato, che le risorse messe così in evidenza possano essere almeno portate a copertura degli eurobond accelerandone l'emissione. Con iniziative comuni.
Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì.
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Re: Acquisizioni e nuove regole del gioco.

Messaggioda domenico.damico » 29/02/2012, 15:28


DEBITI DELLO STATO
Ecco il piano di Governo e Bankitalia per restituire 20 miliardi alle imprese
Una soluzione allo studio dei ministeri e di Via Nazionale. Rimborsi anticipati da istituti di credito e banca
centrale, ma dei 50 miliardi totali meno della metà ha possibilità di essere utilizzato. Sarà necessaria la
garanzia del Tesoro


di BARBARA ARDÙ

ROMA - Ci saranno tre giocatori in campo, Banca d'Italia, Tesoro e il sistema bancario, per chiudere definitivamente la partita dei debiti che le imprese vantano nei confronti della Pubblica amministrazione. Settanta miliardi è la cifra che gira, anche se in realtà sarebbero 50 quelli effettivamente certificati dai creditori, su cui quindi il Tesoro potrebbe porre un marchio di garanzia. Senza quello le banche avrebbero più difficoltà a entrare in campo per chiudere la partita.

La soluzione è una complessa operazione di ingegneria finanziaria. A fare il primo passo sarà l'imprenditore. Con le sue fatture (che attestano per esempio la fornitura di una partita di biancheria per una Asl), andrà alla sua banca, che si assumerà il compito di valutare qual è l'ammontare del credito e soprattutto la sua esigibilità. Se non trova intoppi, l'istituto valuterà quanto è disposto a "pagare" quel credito e il relativo rischio, perché è quest'ultimo che effettivamente acquista la banca, il rischio che il creditore non paghi. In gergo è quella che si chiama una cessione pro-soluto e che implica una negoziazione.

L'azienda di credito non pagherà infatti tutto l'ammontare del credito all'imprenditore, ma solo una parte. L'altra è il prezzo per l'assunzione del rischio. Che va comunque pagato e visto che di liquidità in giro ce n'è poca e che il denaro costa tanto, la banca, con i documenti che attestano il credito,
confezionerà un "collaterale", un titolo (che contiene una garanzia) e lo cederà alla Banca d'Italia contro finanziamenti al tasso dell'1 per cento.

Lo stesso con cui la Banca centrale europea sta finanziando il sistema bancario europeo. Palazzo Koch, d'altra parte, ha una notevole liquidità, e ha la possibilità di gestirla anche per un'operazione di questo tipo, tanto più da quando Francoforte ha allargato alle Banche centrali dei singoli Paesi lo spettro di titoli e prestiti che possono essere portati in garanzia.

Più che un'ipotesi di lavoro, l'operazione "rimborso-crediti", sembra già a buon punto. D'altra parte l'articolo 35 del decreto sulle liberalizzazioni parla chiaramente di "misure per la tempestività dei pagamenti, per l'estinzione dei debiti pregressi delle amministrazioni statali".

Ma obiettivo del governo non è solo pagare le imprese, ma smaltire poco a poco l'intero stock del debito, lasciando il Tesoro senza più arretrati. Per ricominciare da capo, tendendo conto, tra l'altro, che una normativa europea, non ancora recepita, impone che le commesse per la Pubblica amministrazione siano liquidate entro 30 giorni, senza ritardi. Sulle imprese l'effetto positivo sarebbe quello di incassare liquidi in un momento in cui le banche tengono chiusi i rubinetti e, se li aprono, il costo del finanziamento è elevato, soprattutto per le piccole e medie imprese.

Un'operazione che rischia però di dimezzare i crediti vantati dalle imprese. Di quei 50 miliardi iniziali, si potrebbe scendere alla metà, vuoi perché l'operazione costa, vuoi perché le banche negozieranno con gli imprenditori. E non è detto che tutti i crediti riescano a ottenere il marchio di garanzia per essere trasformati in collaterali e venduti alla Banca d'Italia.

"L'operazione è praticabile, ma ci sono almeno due ostacoli su questa strada", commenta un banchiere che vuole mantenere l'anonimato. "Il primo ostacolo è la qualità del credito, le banche stanno molto attente quando devono fare queste operazioni, perché acquistare il rischio di credito significa acquistare anche il rischio truffa e non solo quello. La riscossione non è mai certa: un ospedale può non voler pagare la fornitura di una partita di siringhe, sostenendo che erano difettose. Sarebbe necessaria una cartolarizzazione del credito, per capire qual è quello esigibile. Un processo un po' lungo, ma possibile".

E forse un lavoro che il Tesoro ha già avviato.
"L'altro ostacolo è rappresentato dalla quantità di credito che si può portare in Banca centrale - certo, se c'è la garanzia del Tesoro... Vedo più che altro difficoltà di processo, ma l'operazione va bene. La banca avrebbe a bilancio da una parte un credito dall'altra un debito. Può funzionare".


Fonte: http://www.repubblica.it/economia/2012/ ... -30676089/

Succo del discorso:
le PMI italiane, strozzate dalla crisi, hanno bisogno di liquidità.
Lo Stato non riesce a pagare.
Le imprese si accontenteranno di avere rimborsata la metà del credito, e cederanno al sistema bancario il totale del credito vantato verso lo Stato.
Il sistema bancario metterà a bilancio il credito verso lo Stato, garantito e con un guadagno (frutto del factoring, cioè lo sconto del credito comprato dalle PMI) di qualche decina di miliardi di euro.

Un pezzo qui e uno là, il puzzle si compone.
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Re: Acquisizioni e nuove regole del gioco.

Messaggioda ChristianTambasco » 01/03/2012, 8:55

Ma non era mai accaduto che una banca privata s'inoltrasse nel terreno minato dell'oro della banca centrale.


banca privata??? CdP è per il 70% dello Stato e per il estante 30% di fondazioni di origine bancaria. Perché lo Stato dovrebbe comprare il suo oro?
...se vuoi ottenere qualcosa di diverso devi cominciare ad agire diversamente.
ChristianTambasco
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si diceva: acquisizioni e nuove regole del gioco...

Messaggioda domenico.damico » 24/07/2013, 22:58

Si diceva qualche tempo fa di questa cosa delle acquisizioni.
Il ministro del tesoro Saccomanni sembra avere qualche idea simile...


Saccomanni: non escludo vendita quote di Eni, Enel e Finmeccanica per ridurre il debito. Poi corregge il tiro

Per ridurre il debito pubblico il Tesoro potrebbe decidere di vendere quote di società pubbliche - incluse Eni, Enel e Finmeccanica - o usare gli asset come collaterali. Lo dice il ministro Fabrizio Saccomanni in un'intervista a Bloomberg Tv da Mosca, dove si trova per il G20 dei ministri finanziari. La vendita di quote è una possibilità che «stiamo considerando». «Queste società - ha aggiunto - sono profittevoli e danno dividendi al Tesoro, quindi dobbiamo considerare anche la possibilità di utilizzarle come collaterale per gli schemi di

Il Sole 24 Ore - leggi su http://24o.it/eEcbx


Una cosa importante, che forse non si era esplicitata per bene:

PER LEGGE i soldi derivanti dalla (s)vendita degli asset pubblici vanno ad abbattimento diretto del debito pubblico.
Se e quando si sentiranno cose diverse (tipo: con queste risorse aggiuntive apriremo asili, ospedali e andremo su Marte...)
saranno cose nella sostanza false.
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IL SILENZIOSO FURTO

Messaggioda domenico.damico » 11/09/2013, 14:50

COME VOLEVASI DIMOSTRARE

L'erosione del patrimonio pubblico è graduale, inodore, invisibile.
I cambiamenti dei quadri normativi strisciano di soppiatto sotto il rumore di fondo degli strilli
dei berlusconiani e dei contro berlusconiani.
E questi, senza quasi che nessuno se ne accorga, erodono la Cassa Depositi e Prestiti,
senza dir nulla, senza che (quasi) nessuno dica qualcosa.

Si ringrazia per il vigile e prezioso lavoro la Confedercontribuenti del Veneto, che ci consegna la conferma provata di quanto
si era già detto tempo fa. Pian piano tutte le tessere andranno al loro posto.


Credito: Confedercontribuenti, con il decreto IMU arrivano miliardi solo alle banche

Dal decreto Imu spuntano nuovi aiuti dello Stato alle banche che potranno finanziare i costruttori, ricevendo direttamente dalla Cassa depositi e prestiti la liquidità necessaria per finanziare l’erogazione di “mutui garantiti da ipoteca su immobili residenziali” Una manovra del Governo che premia le banche e rischia di non risolvere i problemi dei cittadini e delle giovani coppie, secondo il Presidente di Confedercontribuenti, Carmelo Finocchiaro è grave che nel decreto non sia stato fissato nessun tetto alla liquidità che riceveranno le banche dalla società controllata dal Tesoro che gestisce i risparmi postali degli italiani. E’ altrettanto grave denuncia Finocchiaro che il governo abbia previsto per le banche l‘esenzione da imposte di qualsiasi tipo come quelle che sono normalmente previste sulle operazioni di finanziamento. Vedremo cosa succederà, ma leggendo la norma è allarmante la mancanza di alcunvincolo per le banche sull’utilizzo del denaro incassato. Anche se il Governo aveva presentato l’iniziativa come un modo per finanziare l’acquisto da parte dei cittadini della casa.


Fonte: http://www.confedercontribuenti.it/news ... anche.html
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Re: Acquisizioni e nuove regole del gioco.

Messaggioda domenico.damico » 23/11/2013, 19:03

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LA CLAMOROSA SVENDITA DI POSTE ITALIANE

Messaggioda domenico.damico » 24/01/2014, 20:13

COME PREVISTO SARA' MESSO IN VENDITA IL 40% DI POSTE ITALIANE; POI VEDRETE CHE NELL'ARCO DI QUALCHE ANNO SI PROCEDERA' ALLA TOTALE LIQUIDAZIONE
DEL PACCHETTO AZIONARIO.

VORREI PORRE L'ATTENZIONE SU DUE SEMPLICI DATI:

1) LE POSTE ITALIANE GARANTISCONO AL TESORO UN UTILE NETTO DI CIRCA 1 MLD ANNUO, STANDO AI RISULTATI STABILI DEGLI ULTIMI ANNI (ANNI DI CRISI, PER INCISO).
QUESTO VUOL DIRE CHE DAL PROSSIMO ANNO SI RINUNCIA A UNA RENDITA QUANTIFICABILE ATTORNO AI 500 MLN ANNUI, E LO SI FA PER SEMPRE.

http://www.ilsole24ore.com/art/impresa- ... d=AbuQU7hH

2) IL PATRIMONIO NETTO DI POSTE ITALIANE E' DI QUASI 6 MLD DI EURO; QUINDI VENDENDONE IL 40% PER CENTO, SI INCASSANO 4 MLD DI EURO MA SI PERDONO
2,4 MLD DI PATRIMONIO NETTO DA PARTE DEL TESORO.

http://www.lastampa.it/2014/01/10/econo ... agina.html

QUESTO SIGINIFICA CHE SI STA SMOBILIZZANDO UN ASSET STRATEGICO, CHE HA UN PATRIMONIO ENORME (IN GRAN PARTE LIQUIDO), CON UTILI NETTI ORMAI STABILMENTE ATTORNO AL MILIARDO ANNUO, PER LA MIRABOLANTE CIFRA DI.... 4 MLD DI EURO.
SE VEDETE LA RELAZIONE FINANZIARIA DEI GIUGNO 2013, POSTE ITALIANE NEGLI ULTIMI 3 ANNI HA AUMENTATO IL PROPRIO PATRIMONIO NETTO DI QUASI IL 100%, SINTOMO DI
SALUTE ECONOMICO-FINANZIARIA ECCEZIONALE.
(certamente molte cose scaricate sui lavoratori, ma questo è un altro discorso; e certamente con i soci privati non migliorerà la situazione).

TUTTO A FRONTE DI UN FATTURATO ANNUO DI 24 MILIARDI € ANNUI, PER LA RISIBILE CIFRA DI 4 MLD DI EURO.

E CILIEGINA DELLA TORTA:

44 MLD DI EURO DI DEPOSITI
102 MLD DI EURO IN LIBRETTI POSTALI
211 MLD DI EURO DI DEPOSITI FRUTTIFERI

QUESTI 313 MLD DI EURO CHE POSTE ITALIANE CUSTODISCE COME RISPARMIO, TRA LIBRETTI POSTALI
E BUONI FRUTTIFERI, QUELLI CHE FINE FARANNO? CHI LI GESTIRA'? CASSA DEPOSITI E PRESTITI O POSTE ITALIANE?
SARANNO LASCIATI DOVE SONO?

COME FA A PASSARE COSI' SOTTO SILENZIO TALE FOLLIA?

PARAGONE PRATICO:
E' COME AVERE UN RISTORANTE DI LUSSO IN CENTRO CITTA', CHE FATTURA 24 MLN DI EURO L'ANNO, CHE HA TRA CASSA E VALORE DELLE MURA 6 MLN DI EURO,
CHE HA UN UTILE NETTO DI 1 MLN DI EURO ANNUO IN PERIODO DI CRISI, A UN SOCIO DI MINORANZA CHE SI IMPOSSESERA' DI QUASI META' DEL PATRIMONIO E DI QUASI META' DEI GUADAGNI PER SOLI 4 MLN DI EURO.
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